RICORDI
By Seifer Almasy
Il mare. Mi piaceva guardare il mare. Vedere l’orizzonte dal porto di Balamb mentre il sole tramontava era la cosa più rilassante che mi capitasse di fare. Starsene lì, con in mano una canna da pesca, pregando che nessun pesce abboccasse perché se Raijin ne avesse avuti a sufficienza per fare la sua “famosa” zuppa probabilmente avremmo fatto una fine peggiore di quella di Artemisia.
Già Artemisia. La strega. Era già passato un po’ di tempo da quando Squall, Rinoa e gli altri Seed avevano debellato quella minaccia. Minaccia che io avevo contribuito creare. E ancor più tempo era passato dall’ultima volta che avevo messo piede nel Garden. Non avrei mai immaginato che adesso mi mancasse tanto. E’ sempre stato facile per me esprimere una finta noncuranza ma vedere quell’edificio, l’unico posto che potrei chiamare “casa”, tornare al suo luogo originario mi fece venire un nodo in gola e non ebbi vergogna a mostrarlo. Il Garden è tutto ciò che ho avuto, tutti i miei più bei ricordi sono legati ad esso, troppo forte era la tentazione di tornarci, chiedere scusa a tutti e rimanerci. Per sempre. Ma non è nel mio carattere chiedere scusa, essere umile e avere rimpianti. Non sono mai stato così, non lo ero neanche il primo giorno di scuola. Lo ricordo come se fosse oggi quel primo giorno. Benché avessi solo 15 anni, arrivai con la fama di buon guerriero, maneggiavo bene le magie ed ero perfino capace di evocare degli esseri mostruosi chiamati Guardian Forces. Ero forte ma al primo impatto mi sentì spaesato. Almeno fino a quando non conobbi il preside. Era un tipo bonario, uno che non ti immagineresti mai a condurre l’attività direttiva di un’accademia militare. Mi fece sentire subito a mio agio e c’era in lui qualcosa…..qualcosa di familiare. La presenza di Cid Kramer non bastò in ogni modo a farmi integrare in breve tempo. Sono sempre stato della convinzione che nella vita non puoi mai fidarti dell’amicizia della gente, è sempre capace di colpirti alle spalle. No, se non vuoi finire male, devi ottenere il loro rispetto, se necessario anche con la forza. E la forza è sempre necessaria. Così nel Garden non mi feci molti amici ma, ero rispettato da tutti, nessuno osava incrociarmi, quando passavo la gente si divideva in due ali di folla, guai a chi avesse osato competere con il maestro del gunblade. Ero temuto, spesso odiato ma non mi importava. L’importante era essere rispettato ed ero convinto che tutti lo facessero, almeno fino a quando……
Non ci credevo la prima volta che lo vidi. Due occhi di ghiaccio osavano fissarmi quasi stessero a sfidarmi. Mi avvicinai e quando gli arrivai a pochi passi, questi finalmente abbassò lo sguardo. “Chi sei?” chiesi incuriosito. Non rispondeva. Era incredibile. Divertito cercai di alzargli il mento con un piccolo pugno ma un con un riflesso fulmineo mi serrò il polso. Non ci potevo credere, assolutamente. “Alle quattro al centro d’addestramento” dissi sorridendo ma in modo perentorio. La sfida lanciata era pubblica, volevo proprio vedere di che pasta era fatto quel moccioso. Se non fosse venuto si sarebbe ridicolizzato davanti a tutto il Garden. E se fosse venuto…..forse sarebbe morto. Non so cosa mi indisponeva in quel ragazzo, forse la sua completa indifferenza alla mia autorità, o almeno così pensai ai primi tempi ma dopo capì che non era vero, non completamente. Era qualcosa di diverso…..quasi un odio ancestrale ci divideva. Nel profondo del mio animo sapevo che quel ragazzo era per me una minaccia, lo era già stato, e lo sarebbe diventato ancor più in futuro. Ma nello stesso tempo qualcosa ci univa. Non riuscivo a spiegarmi cosa fosse ma sentivo quello sconosciuto come la cosa più vicina ad un amico, ad un fratello, che avessi mai avuto. All’ora stabilita mi recai al centro d’addestramento. Rimasi turbato nel vederlo già lì. Non solo era venuto (ma su questo ci avrei scommesso, non sembrava il tipo che si arrendeva facilmente), ma era addirittura lì in anticipo, immobile, senza nessuna traccia di esitazione su quel viso impenetrabile. Notai anche che utilizzava la mia stessa arma, il gunblade. Ma il suo era davvero fantastico, forse meno maneggevole dato il peso ma veramente fantastico. Caricatore a 12 colpi cromato e una mitologica figura alata forgiata sulla lama. Probabilmente la stessa del ciondolo che portava appeso al collo. Per la prima volta in battaglia fui teso, sentivo l’adrenalina crescere e il sangue pulsare più velocemente nelle vene.. Dopo pochi istanti d’attesa incominciammo. Le nostre lame si incrociarono, scintillando. Non era certo un novellino col gunblade. Benché il suo fosse più pesante del mio lo muoveva con scioltezza, forse non lo padroneggiava “stilisticamente” ma in modo molto efficace. La battaglia infervorava. Notai che col passare del tempo i suoi colpi acquistavano potenza ma la sua lucidità diminuiva. Era come se si arrabbiasse sempre di più; non so per quali cause, ma più passava il tempo e meno riusciva a regolarsi. I suoi colpi erano forti, certo, ma si stava stancando. Benché fosse abile aveva compiuto il più grande errore che si potesse mai fare in combattimento: la perdita dell’autocontrollo. A quel punto ebbi il sopravvento, riuscì a perforare la sua guardia ma ebbi l’accortezza di colpirlo solo col calcio della pistola. Avrei potuto troncargli il capo con un colpo ben assestato ma non lo feci, l’avrei potuto uccidere in mille altri modi ma qualcosa mi bloccò. No, non l’avevo fatto e chissà se sarei mai stato capace di farlo.Si ritrovò nella polvere, gli colava un filo di sangue dalla bocca e vidi un forte livido rosso sulla sua mascella. Aveva capito di essere stato sconfitto ma, nonostante avessi colpito duro non emise un solo gemito. “Ci batteremo di nuovo….ehm….”- “Leonhart” rispose – “Squall Leonhart”-. “Bene, Squall Leonhart, alla prossima e cerca di migliorare……sei troppo impetuoso per i miei gusti, la prossima volta non sarò tanto buono…..stammi bene”. Non so perché fui così bonario con lui in quel momento, forse l’euforia della vittoria, il sollievo dello scampato pericolo. Da quel giorno in poi fu il mio compagno d’allenamento. Non diventammo mai amici ma incominciammo a rispettarci. Non parlavamo mai di noi, né prima, né alla fine di una battaglia; non sapevo cosa facesse di preciso al Garden, se appartenesse a qualche club o avesse una qualunque compagnia. No, ci sedevamo nella polvere e ognuno rimaneva solo coi suoi pensieri, lanciando ogni tanto, un’occhiata di sfuggita all’avversario, stando sempre attenti che l’altro non se ne accorgesse. Poi io mi alzavo e me ne andavo. Senza una parola. Non lo vidi mai seguirmi, probabilmente rimaneva lì ad allenarsi con i Grat. Passai così la mia adolescenza, a prepararmi per una guerra che forse non sarebbe mai arrivata, a tormentare gli altri studenti e a combattere con Squall, senza mai abbandonare il Garden……..almeno fino a quando non arrivai ai 17 anni. Ebbi il permesso di passare un breve periodo di vacanza a Timber. Beh “permesso”………, visto il regime dittatoriale imposto da me e dai miei compagni del “Comitato di Disciplina”, Fujin e Raijin, il preside quasi mi obbligò a prendere un periodo di riposo, nella speranza che tornassi più calmo e per concedere qualche settimana di tregua agli altri allievi. Partì molto seccato, per una ragione così stupida mi mandavano in buco circondato solo da foreste. Cosa avrei dovuto fare là, passare l’estate a raccogliere frutti di bosco? Inoltre ero anche solo, i miei unici amici non avevano avuto la mia stessa “fortuna”. Un giorno, in cui ero più annoiato del solito, mentre camminavo nei pressi della ferrovia, sentì una voce. –“Ma tu sei sempre così arrabbiato?”-. Mi girai stupito e non credevo alla visione che avevo davanti. Una splendida ragazza vestita d’azzurro, mora con dei riflessi castani , e il sorriso più dolce che abbia mai visto. Rimasi immobilizzato almeno finché non sentì dire “Lascialo perdere Rinoa, è solo un’attaccabrighe”. Riacquistai la ragione e me ne andai però qualche metro dopo senti una mano prendermi il braccio, rividi la ragazza che mi disse “Lascia perdere Zone, è solo uno stupido, non gli dar retta”. Rimasi incantato da quella ragazza, senza che io dicessi una sola parola mi portò a fare un giro per Timber e per i boschi circostanti. Parlò per ore, ma non mi dava fastidio, mi faceva sentire bene, benché non spiaccicassi una parola e mi limitassi a sorridere e a guardarla. Finalmente mi chiese “ Ma tu chi sei?” ed io “Seifer Almasy, allievo SeeD del Garden di Balamb”. Lo dissi quasi come se stessi presentandomi ad un superiore, lei se ne accorse e rise. La sua risata mi sciolse, cominciai a farlo anche io piegandomi indietro dalle risate. Mi innamorai subito di Rinoa. Non c’era niente di lei che potesse non piacermi, quando le ero vicino niente era più importante, né il Garden, né la guerra alla quale mi addestravo sin da bambino. Cominciai a sentirmi coinvolto nei suoi progetti, faceva parte di un gruppo indipendentista che lottava contro la dittatura di Vinzer Deling, il presidente di Galbadia. Rinoa aveva questo dono, era capace di conquistare chiunque con quel suo carattere solare, di coinvolgerti nelle imprese più assurde ipnotizzandoti con un sorriso. Mi sentivo fortunato, un privilegiato. Tra i tanti ragazzi che le stavano intorno lei aveva scelto me. Me, lo studente più odiato del Garden di Balamb. Ma come tutte le cose belle anche questa ebbe una fine. Venne il giorno in cui dovetti tornare al Garden. Il momento dell’addio fu duro. “Non ci vedremo più?” mi chiese. “Chissà” dissi io cercando di mostrarmi indifferente “ se capiti per Balamb…”. A quel punto lei scoppiò a piangere. Mi colse del tutto impreparato, i battiti del mio cuore accelerarono all’impazzata, le alzai delicatamente il viso e la baciai. Era il nostro primo bacio e…..non ho parole per spiegarlo. Fu più dolce di una caramella al miele, più forte di un ciclone improvviso, più grande di un oceano e più bello di una vita. “Ricordati Rinoa…”le dissi, “ogni qual volta avrai bisogno di me, non esitare a cercarmi, io ci sarò sempre per te”. Lei, con gli occhi ancora rossi, annuì ed io me ne andai. Mi incamminai verso il mio vagone senza voltarmi indietro. Avrei voluto piangere ma l’enorme orgoglio che mi porto dentro mi fece trattenere le lacrime….non avrei mai accettato che lei mi vedesse così. Finalmente raggiunsi il mio scompartimento. Ero solo, ancora una volta solo. Notai sul sedile che mi era di fronte un libro, involontario regalo di qualche passeggero sbadato.. Si intitolava “Il cavaliere della strega”. Cominciai a leggerlo, nella speranza che occupasse la mia mente con qualche altro pensiero differente da ciò che stavo appena lasciandomi alle spalle. Era un bel libro, iniziava descrivendo la figura della strega poi cominciava il romanzo vero e proprio, la storia del legame che c’è tra la strega stessa e l’uomo che né diventa il primo difensore. Lessi avidamente i primi capitoli, poi caddi in un sonno profondo e agitato. Inutile dire che sognai Rinoa, lei che aveva stregato il mio cuore diventò nella mia mente, la mia strega, e io il suo cavaliere. Già il mio sogno romantico non è mai stato altro che questo. Benché non sapessi ancora che fosse davvero una strega, da quel momento non volli essere altro che il cavaliere di Rinoa. Una volta arrivato a Balamb, all’entrata del Garden, uno stupido custode mi perquisì e mi sequestrò il libro. “E’ vietato portare libri al Garden che non siano passati sotto attenta esame revisione del Comitato di Disciplina”. Tentai di far capire a quell’ottuso lacchè del preside che IO ero il Comitato di Disciplina ma non ci fu verso. Poco male, l’avrei ordinato alla biblioteca. Dopo un pò la vita tornò come prima, le solite ramanzine dai professori, gli esami SeeD ai quali continuavo ad essere respinto, gli allenamenti con Squall…… fino al giorno in cui decidemmo di combattere sul serio……
Ora basta parlare, da questo punto in poi la storia la conoscete e per me è giunto il momento di dire addio. Da quando Artemisia è stata sconfitta, la pace regna su questo pianeta. I ragazzi al Garden sono felici e Squall e Rinoa vivono la loro bella storia d’amore. Il mio più grande rivale che, allo stesso tempo, è il ragazzo a cui sono più legato e l’unica ragazza che ho mai amato sono insieme e lo saranno per la vita, io invece……..
Non me ne rammarico, ho scelto io il mio destino ma ormai Balamb e il Garden non sono più il posto giusto per me, non posso vivere in un luogo che mi porta a pensare, in ogni istante della mia vita, come sarebbe andata se le mie scelte fossero state differenti. E’ quindi giunto il momento di lasciare gli altri alla propria vita e andarsene via, lontano, forse per sempre ma…….chissà…….può darsi che un giorno, il guerriero si stanchi di giocare.
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