AFTER THE END
By Paoloud
Cloud aprì gli occhi di colpo e sbatté le palpebre più volte. Era sdraiato sopra un vecchio divano, il suo sguardo in direzione del soffitto, bianco, così come le pareti; era molto assonnato e dovette faticare non poco per mettersi seduto. I suoi capelli biondi erano in disordine, i suoi grandi occhi blu brillavano come sempre; si guardò un po’ attorno: si trovava in quella che una volta era la stanza segreta dell’Avalanche.
Da quando la Shinra non esisteva più, e Sephiroth era morto, Barret era diventato sindaco di Midgar, e viveva insieme a sua figlia Marlene nel grande palazzo dove in passato il presidente Rufus gestiva i suoi loschi affari. La camera sotto il bar, quindi, era rimasta a Cloud, a Tifa e a Vincent.
Cid, Red XIII e Yuffie erano tornati alle loro città natali, mentre di Caith Sith si era persa ogni traccia. Il biondo ragazzo distolse quei pensieri dalla sua mente e cominciò a notare il grande caos che lo circondava: la vernice dei muri era scrostata, giornali e cuscini invadevano il pavimento, c’era persino un vecchio televisore rotto.
Rimase in silenzio per alcuni momenti a fissare quell’orrendo spettacolo. Poteva sentire il battito del suo cuore, calmo, rilassato, regolare ed il suo petto che si ingrossava ad ogni respiro. Indossava la solita maglia blu con i pantaloni dello stesso colore: su un tavolino, poco distante da lui, era posata la sua enorme spada. Ogni tanto degli scricchiolii provenienti da sopra il soffitto interrompevano il silenzio.
- Cloud! - chiamò una voce amichevole, allegra.
Cloud si voltò verso le scale, che sostituivano il vecchio “flipper-ascensore”. Da lì proveniva un rumore di passi che aumentava sempre più di intensità.
- Tifa! esclamò, un sorriso si dipinse sul suo volto. Vide la sua ragazza che gli veniva incontro portando un vassoio con sopra della roba da mangiare.
- Tesoro, ti sei svegliato, finalmente! - fece l’altra, tutta contenta, posando la colazione sul tavolino, e avvicinando il capo a quello del giovane.
I loro volti, lentamente, si avvicinarono: l’uno poteva sentire il caldo respiro dell’altro nella propria bocca; e più si avvicinavano più l’emozione stringeva i loro cuori in una morsa strettissima e quasi soffocante; le loro labbra, finalmente, si incontrarono, ed allora la felicità, quella felicità generata dall’amore profondo, vero, invase i cuori dei due. Rimasero a baciarsi per qualche secondo, fino a quando finalmente le due teste si allontanarono l’una dall’altra.
Cloud squadrò da cima a fondo Tifa: indossava, come sempre, quella maglietta bianca attillata e quella minigonna nera. I capelli neri, lunghissimi, le scendevano lungo la schiena. I suoi occhi scuri luccicavano dalla gioia. Lei aveva nascosto i suoi sentimenti per l’amico per molti lunghissimi anni, e adesso voleva rifarsi del tempo perso: ogni volta che pensava a Cloud, ogni volta che nella sua mente si formavano pensieri riguardanti il fatto che loro due si amavano intensamente, allora il suo animo si rilassava, veniva invaso dall’emozione.
La ragazza porse la colazione al fidanzato:
- Tieni, e sbrigati! - disse, non in tono severo, bensì in modo affettuoso.
Egli prese di buon grado il vassoio e cominciò a mangiare, senza distogliere lo sguardo da Tifa: gli piaceva quando rimanevano a fissarsi negli occhi, per lunghi, interminabili istanti, con un largo sorriso dipinto in volto.
Con una mano spostò un ciuffo di capelli che gli era sceso davanti agli occhi, e dopo un po’ la sua mente venne colpita da un pensiero:
- Dov’è Vincent? - chiese con calma, allungandosi per posare il vassoio sul tavolino, e guardandosi in giro sospettoso. - Di solito dorme alla grossa, quando io mi sveglio!
- Vincent è già di sopra, ti sta aspettando da mezz’ora!
- Cosa?! - guardò l’orologio che aveva al polso e quasi si spaventò - Sono in ritardo per il lavoro!! - si alzò di scatto, senza neanche accorgersi che ancora i suoi piedi erano sopra il divano.
Si sentì un rumore sordo: era la testa di Cloud che andava a sbattere contro il soffitto.
- Ouch! si lamentò, portando una mando al capo.
- Oh, ti sei fatto male? - chiese Tifa preoccupata, allungando le braccia sulla testa del ragazzo per vedere cosa avesse.
- Non è niente! esclamò a denti stretti, tutto dolorante, gli occhi socchiusi - Sto bene! - lui lavorava insieme a Vincent nel corpo di polizia di Midgar.
La giovane si lasciò sfuggire una risatina.
- Ah, lo trovi divertente? domandò Cloud in tono scherzoso, sforzandosi per sorridere.
- Su, sbrigati! - disse ancora sorridendo, accarezzando i capelli dell’amico. Quindi si voltò e lasciò la stanza.
Poco dopo Cloud era finalmente pronto: era salito al piano di sopra, nel bar. Ancora non c’erano clienti, vide soltanto Tifa e Vincent seduti, che parlavano. Vincent si alzò.
- Finalmente sei arrivato! - la sua voce era come al solito pacata, e non lasciava trasparire alcun tipo di sentimento. Anche il suo viso era totalmente privo di espressione. I lunghi capelli scuri gli scendevano lungo la schiena, i suoi occhi di ghiaccio fissavano l’amico. Aveva addosso il solito mantello viola e l’abito scuro. Alla cintura portava una grossa pistola. - Ce ne hai messo, di tempo!
- Su, andiamo! fece Cloud sistemandosi la spada dietro la schiena, mentre si avviava verso l’uscita.
I due arrivarono all’uscio, e lì si voltarono per dare un ultimo saluto all’amica, prima di uscire fuori.
- Mi raccomando, tornate presto! - esclamò infine Tifa, agitando il braccio per salutare.
Cloud e Vincent uscirono fuori dal bar, e vennero abbagliati dai raggi del sole. Da quando Barret aveva ordinato la distruzione delle industrie e dei reattori Mako, l’inquinamento si era estremamente ridotto, ed i raggi del sole potevano passare con più facilità. Al contrario di quanto accadeva tempo prima, la felicità regnava sovrana, in quel luogo. Al centro della piazza di fronte al bar, si ergeva una grande statua di Aeris, in ricordo del suo grande sacrificio per la salvezza del mondo.
Gli alberi e le altre piante rallegravano la città con un tocco di natura che non guastava di certo: Cloud stesso e i suoi amici avevano diretto i lavori per riportare il verde a Midgar. In mezzo a quel ridente paesaggio molte persone passeggiavano, parlottavano tra loro, alcuni bambini giocavano con un pallone.
Vincent e l’altro si mossero fino alla stazione: lì trovarono il treno che tempo addietro aveva portato l’Avalanche in giro per la città; nessuno, ormai, voleva riportare alla mente quei periodi così terribili, ma Cloud non poteva fare a meno di ripensare alle fantastiche avventure passate insieme ai suoi amici quando rivedeva quei luoghi così familiari.
Ma non era il treno il loro obbiettivo: si avvicinarono a due splendenti moto, scure, lucidissime, e le portarono sulla strada tenendole per il manubrio; quindi salirono in sella e partirono: il rombo del motore coprì il rumore dei discorsi e delle risate dei presenti.
I due correvano non troppo veloci l’uno accanto a l’altro, a un paio di metri di distanza, i capelli al vento. Le grosse ruote giravano con rapidità, sollevando nuvolette di polvere grigiastra.
Dopo pochi minuti si accorsero che l’ambiente era piuttosto deserto, e in lontananza si sentivano perfino delle grida.
- Cosa succede? chiese Cloud, fermando la sua moto.
- Non ne ho idea! rispose l’altro, parcheggiando.
- Andiamo a controllare! e si avviarono a piedi verso una grande strada deserta, chiusa ai lati da due grandi palazzi costruiti poco tempo addietro sotto gli ordini di Barret. Ci vollero pochi passi per sentire della gente che piangeva impaurita.
- Cosa sta succedendo? - si chiese nuovamente Cloud a bassa voce, impugnando la sua enorme spada.
Si avvicinavano ad una grande piazza.
- Vado io! - disse Vincent avvicinandosi all’orlo del palazzo che gli copriva la visuale.
Arrivato lì, si mise con le spalle al muro e spostò la testa oltre il bordo per vedere cosa stesse succedendo. E fu allora che vide decine e decine di persone tenute in ostaggio da tre uomini vestiti con una giacca blu. Tra le persone c’era anche Barret, il quale era tremendamente innervosito dal fatto che venisse disturbato l’ordine nella sua città.
- Cloud,- Vincent chiamò il compagno - Tre tizi armati tengono in ostaggio della gente!
- Dobbiamo intervenire: - e si avvicinò al luogo del delitto - tu chiama rinforzi! - lanciò il suo telefonino PHS a Vincent, il quale lo usò per chiamare Tifa e altri soldati della polizia di Midgar, di cui lui e Cloud facevano parte.
Il giovane biondo entrò con cautela nella piazza e vide l’orrendo spettacolo. I tre uomini in giacca blu sembravano familiari: uno aveva i capelli rossi, con un lungo codino dietro le spalle, un altro era calvo, l’altro ancora non lo aveva mai visto, aveva lunghi capelli castani.
- Oh, Cloud! - esclamò quello col codino.
- Reno!! - Cloud rimase a bocca aperta. I Turks erano dunque tornati a turbare la quiete pubblica?
- Non ci si vede da molto tempo! - commentò Ruude con una risatina.
- Cosa siete venuti a fare qui?! - il volto del ragazzo si fece aggressivo.
- Oh, niente:>> spiegò Reno - sai com’è, avevamo deciso di diventare onesti, ma poi Elena ha avuto la brillante idea di metterci in proprio, in fondo non abbiamo bisogno della Shinra per lavorare, noi; quindi, abbiamo reclutato altri Turks…>> e indicò quello con i capelli lunghi - …e abbiamo cominciato a “lavorare”!
- Quindi, anche se non esiste più la Shinra, lavorate ugualmente?
- Certo! - rispose Ruude - Non abbiamo bisogno di individui come Rufus, noi! Possiamo benissimo cavarcela da soli!
- E cosa sperate di ottenere con questo?
- Niente, vogliamo soltanto diventare i nuovi sindaci di Midgar! - spiegò Ruude - E instaurare un regime simile a quello che teneva la Shinra!
- Siete pazzi!>> esclamò Barret, tutto rosso in viso dalla rabbia.
- Piuttosto, la tua mossa di uscire così allo scoperto non è stata molto saggia!>> disse Reno
- Perché se non metti subito a terra quella spada, - spiegò Lank, il nuovo membro dei Turks - potremmo fare del male a una delle persone qui presenti! - acchiappò Barret che aveva le braccia e le gambe legate dietro la schiena, affinché non potesse reagire con la sua mano-cannone.
Cloud fissò a lungo gli occhi di Lank: erano verdi occhi che esprimevano aggressività, voglia di ricchezza e potere, forse più di quanto ne esprimessero gli occhi di Reno e Ruude. Ogni tanto dava qualche sguardo al viso di Barret, che si era fatto allo stesso tempo pallido, preoccupato e furioso.
Non posso rischiare di far uccidere tutta questa gente!
- E va bene!>> lasciò cadere la spada a terra, con un’insopportabile frastuono metallico, e la spostò via con un piede.
- Bene! - con occhi maligni, Reno raccolse l’arma.
Ci fu silenzio per alcuni lunghi, interminabili secondi. Cloud era in preda al panico, non sapeva più cosa fare. Magari sarebbero tutti morti, lui e Barret compresi. E Vincent dov’era? E Tifa, e gli altri poliziotti?!
Ad un tratto, un assordante sparo ruppe la quiete. Lank si inginocchiò al suolo, lasciando cadere Barret, e, ansimante, cadde a terra morto.
- Lank! - Ruude si avvicinò al cadavere dell’amico, ma dovette cambiare idea quando un secondo proiettile colpì il terreno vicino ai suoi piedi, terreno ormai sporco di sangue.
Cloud cominciò a correre per riprendere la sua arma, prima che i Turks potessero far del male alle altre persone, ed alzò gli occhi per vedere chi aveva sparato. Vide Vincent, seduto sull’orlo di una finestra di un palazzo, che impugnava la sua pistola, tutta fumante.
- Questo costerà la vita a questo baldo giovane! - gridò Reno rivolto verso l’assalitore, acchiappando un ragazzino dal colletto della camicia per usarlo come scudo contro altri eventuali spari, e preparandosi per sferrare un colpo con la spada di Cloud.
Ma prima che l’omicidio potesse avvenire, il biondino arrivò rapido come un ghepardo e con un calcio alla mano di Reno fece volar via l’arma. Dopodiché, con un pugno dritto in mezzo agli occhi stordì il malcapitato, che, senza neanche aver capito cosa fosse successo, cadde a terra svenuto; il ragazzino corse via in lacrime.
Ripresa quindi la sua spada, vide Ruude che aveva di nuovo preso Barret in ostaggio, mettendogli una pistola alla tempia. Il sudore scolava copioso lunga la fronte di tutti, tranne che di Vincent, che era comodo e tranquillo come se non stesse accadendo nulla.
- Cloud, non ci causerai problemi anche questa volta! - gridò il Turk - Fai una mossa e ti assicuro che potrai dire addio al tuo amico! - riprese fiato - E ora, butta giù quell’arma!
Cloud, tutto tremante, lasciò nuovamente cadere l’arma, e la spinse via come aveva già fatto prima. Allora, all’improvviso, Ruude prese la mira e sparò in direzione di Vincent: il colpo arrivò al bersaglio, il quale cadde dalla finestra fino a terra!
- VINCENT! - urlò Cloud disperato.
- Ha fatto male a rimanere così esposto! - commentò Ruude con un sorrisetto maligno, mentre riportava la pistola alla tempia del povero Barret.
Cloud, allora, rimase in silenzio, e sperò ardentemente che non toccasse anche a lui la stessa sorte. Quindi i suoi pensieri si rivolsero verso Vincent, chissà se era sopravvissuto, poi a Barret, che magari sarebbe stato ucciso da lì a pochi istanti, soprattutto a Tifa, chissà se l’avrebbe rivista… Ad Aeris, Wedge, Biggs, Jill e tutti gli altri che gli erano stati vicino: avrebbe rincontrato le loro anime ben presto, se Ruude avesse voluto. Pensò anche a Sephirot, a Rufus, e a tutta quell’avventura che aveva vissuto tempo fa soltanto per poi venire ucciso così, senza ottenere niente in cambio per aver salvato il mondo.
Gli sembrò fosse passata un’eternità da quando Vincent si era schiantato al suolo, ma si accorse più tardi che erano passati pochi secondi. Rimase ad ascoltare il battito del suo cuore, accelerato, i suoi respiri affannosi, finché qualcosa colpì la sua mente.
Vide materializzarsi lentamente, alle spalle di Ruude, il quale non si accorse di nulla, una figura familiare. Una donna, una donna bellissima, poco vestita, dalla pelle bianca – celestina: Shiva!
Il Turk non fece neanche in tempo ad accorgersi della creatura che era arrivata dietro di lui, che sentì un brivido gelido percorrergli tutta la schiena, dal collo alla zona lombare. Quindi, si ritrovò immobilizzato, non riusciva più a muoversi; vide le sue braccia, le sue mani, tutto il suo corpo che veniva ricoperto dal ghiaccio. Cominciava a tremare, batteva i denti, ma non riusciva proprio a muoversi.
In pochi secondi Shiva trasformò Ruude in una statua di ghiaccio, e barret rimase incastrato tra le sue braccia congelate.
Cloud vide Tifa e altri poliziotti uscire dall’orlo del palazzo, e allora capì tutto.
- Sono stata brava?! - domandò la ragazza, ad alta voce, correndo verso il fidanzato.
Cloud non disse niente, ma sorrise, abbracciando con forza la sua cara amica, e chiuse gli occhi. Il sudore gli imperlava la fronte. Tifa sorrise pure, poggiando il capo sul petto dell’amico. Rimasero in quella posizione sino a quando non si ricordarono di Vincent.
Allora corsero a controllare il corpo dell’amico, già circondato da poliziotti.
- Cloud, Tifa…. - Vincent era stanco, aveva un proiettile infilato nel petto. Perdeva molto sangue; ed in quel momento, finalmente, il suo volto si fece espressivo: tutti vi lessero grande dolore.
Tifa si concentrò, richiamando alla mente arcane frasi. Allora allungò le mani sul corpo dell’amico ed una luce blu comparve all’improvviso. Era una magia curativa, ma non bastava: la ferita era troppo profonda, il proiettile era ben conficcato nella carne.
Tutti sospirarono, sconsolati.
- Ehi! - gridò Barret, ancora incastrato tra le braccia ghiacciate di Ruude - C’è qualcuno che si vuole occupare di me?!?!
Dopo una ventina di minuti un’ambulanza venne a prendere Vincent, mentre le altre persone, tranne Tifa, Cloud e Barret che era stato finalmente liberato e slegato, erano tornate alle proprie abitazioni.
Cloud, abbracciato con Tifa, si avvicinò all’ambulanza, mentre Vincent veniva caricato.
- Non preoccuparti… - gli disse - …vedrai che guarirai!
Vincent lo guardò con occhi privi di espressione, senza dire niente; quindi il portello venne chiuso e l’ambulanza partì.
Barret e i due fidanzati rimasero così immobili, come statue di pietra, a seguire con lo sguardo il camioncino che si allontanava… Chissà se il povero Vincent sarebbe sopravvissuto…
Chissà…
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