I ricordi del Dio

Erano passati… quanti anni? Oramai comincio a perdere il senso del tempo in queste rovine. Già… il tempo... io l’avevo sconfitto, era stato così semplice… quella scelta così… così… giusta. Ancora ricordo quel giorno, il giorno in cui mi trovai a scegliere…
-Allora, figlio mio, ora dovrò spiegarti tutto da capo?
-Si, padre, io voglio capire, capire fino in fondo.
-Bene, allora ascoltami, queste scelte condizioneranno per sempre la tua vita, ricordalo. Dunque, da dove comincio?
(Neanche lui capiva tutto appieno) Beh, allora, insomma… noi Antichi, una volta raggiunto il sedicesimo anno di vita, abbiamo una scelta da compiere: essere umani o essere dei.
-Spiegati meglio, padre
-Tra un po’ verrà un uomo, se così si può definire, egli trascende lo spazio e il tempo ed è vivo e morto allo stesso tempo. Ti chiederà cosa desideri essere, se desideri continuare a vivere come umano o vuoi diventare divinità.
-E io cosa dovrei scegliere, padre?
-Io non posso ordinarti nulla, ma sappi che se tu sceglierai di essere divinità non potrai più vivere assieme a noi, non potrai più vivere vicino agli altri umani dovrai vagare per sempre senza meta in attesa di conoscere il destino.
-Quale destino, il mio?
-Il tuo, e quello di chi sarà sotto il tuo controllo. È una scelta difficile, spero che non sbaglierai la tua strada: ricorda che gli uomini non possono vivere da soli, la solitudine è un peso troppo grande da sopportare, un prezzo altissimo da pagare, anche per la vita eterna.

(In realtà già allora non trovavo nulla di interessante nel vivere con altre persone…)
-Vuoi dire che potrò vivere per sempre? -Sì, ma ciò non vuol dire che sarai immortale. Potrai essere ucciso, ma solo dalla mano di un uomo. Stai attento alla tua scelta, Odino, perché non potrai più tornare indietro.
-Non serve, ho già scelto. -Davvero? Sì, voglio essere un dio!

Quando lo dissi mio padre cambiò espressione: il suo sembrava lo sguardo di un uomo che aveva ricevuto migliaia di coltellate nello stesso momento e nello stesso punto: il cuore.
-S-Sei certo di quel che dici?
-Sì.
-Non pensi che non potrai più incontrarci, che non potrai più vedere me, tua madre, i tuoi amici? -Io non ho amici.
-Ma, figlio mio…
-Ora basta padre, non cambierò idea.
-Ma…

In quel momento arrivò l’essere al quale avrei dovuto riferire la mia scelta. Fu quella che avevo deciso.
E ora sono qui, tra le rovine di quella che fu la capitale del mondo, la città eterna, il continente degli immortali: Centra.
Avevo visto morire migliaia di persone e altrettante fuggire, ma nulla potei fare, durante i bui giorni del Pianto Lunare. Provai a intervenire, ma una forza oscura mi fermava. Ogni volta che mi avvicinavo agli abitanti non potevo più agire, non potevo rivelarmi a loro. Quella forza scomparve quando la tragedia di Centra si compì pienamente. Solo dopo capii che quella forza voleva impedirmi di intervenire, per giorni e giorni sentii una voce che mi ripeteva sempre la stessa frase:
-Non è questo il tuo destino. Ora sono qui, a parlare con me stesso in queste misere spoglie di ciò che era e non sarà mai più. In questo posto popolato solo da quei ridicoli mostriciattoli verdi. Ormai non mi preoccupo più neanche di loro, non mi serve sterminare ancora. Quanti ne ho uccisi di nemici? Milioni? Miliardi? Eppure non ho potuto salvare un popolo, il mio popolo.
Io Odino, il grande Odino, il flagello degli ingiusti e dei malvagi, lo sterminatore di mostri, non ho potuto salvare la mia gente. Del resto è colpa loro. Furono loro a decidere di rinunciare alla possibilità di diventare eterni, quando scacciarono colui che sceglieva. Ricordo ancora, quando dall’alto del monte Woe ascoltai le sue parole di maledizione:
-Se rinunciate a me respingete il vostro fato, non potrete salvarvi: presto verrà la catastrofe e voi tutti piangerete e vi dispererete per avermi respinto, quella sarà la mia vendetta, non potete sfuggire al vostro destino.
“Destino” non ho mai ascoltato chi parlava di esso. Io ho sempre costruito da me il mio destino, io ho scelto di essere un dio, io e nessun altro.
Ora sono qui, con il mio cavallo e i miei ricordi, forse i ragazzi che sono entrati credono nel destino, forse loro riusciranno a farmi raggiungere il mio scopo, forse… eccoli, si stanno avvicinando. Posso sentire il pulsare della loro anima. Sì, forse loro mi aiuteranno a finire il mio tempo, sento che qualcuno mi aspetta, presto la mia spada tornerà al suo proprietario, ma finché ciò non accadrà aiuterò questi giovani: in loro sento il pulsare della forza, la vera forza degli uomini e degli dei: la speranza

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