Una lunga scogliera di rocce
friabili, si levava a picco sul mare nero e lucido. La risacca mugghiava furiosa
e, le onde parevano creature infernali pronte a scalare le pareti levigate.
Sulla cima di uno sperone pianeggiante, una ragazza osservava l’orizzonte;
le mani raccolte attorno alle ginocchia ed il viso su di queste; gli occhi aperti
ma, era come se fossero chiusi.
Il vento sembrava raccogliersi attorno a lei e vorticare con il suo canto forte
per leggerle i pensieri.
“Aspetta. Mi ha detto di attendere e di restare… non è
così:
<< Tornerò; questo prato bagnato di fiori, in riva al mare sarà
il luogo del nostro incontro. – Avevi detto; perché non l’ho
fatto?”
La ragazza girò appena la testa per guardare lo Stellar schiantato
contro una pietra verde, piegato e ferito; il portellone spalancato, cigolava
ondeggiando sotto la furia del turbine e dentro lampeggiavano delle piccole luci
gialle.
“Non ti aspetterò, non ti permetterò di incidere con la tua
lama di innocenza la mia pelle; con quello che hai scritto, con ciò che
hai creato.
Ho guardato in alto il cielo fino a che non ha preso a vorticare: il sole, le
nuvole sotto e la luna accennata… la pioggia era polvere magica che mi rendeva
speciale.
Sentivo la mia Lagrima di Luce colpire conto lo sterno, premeva e si dibatteva:
era un pesce ferito che saltellava nella battigia. I vestiti diventavano una sensazione
attorno al mio corpo, la gonna una corolla richiusa nella notte.”
Ieri è adesso, è improvvisamente niente….
…
Gente e persone e visi e rumori e lampi di luce contro
i miei occhi, contro i miei pensieri.
Ogni momento senza di te diventava una emorragia, sai?
Ho preso lo Stellar e chiuso gli occhi, ho appoggiato la Lagrima, sulla
carta di Mercatore e premuto con forza. Con un fremito si è risvegliato
e ha nitrito un assenso: le sue otto zampe si sono levate e il suo sguardo ha
attraversato le stelle fino a trovare il settore giusto, ha atteso un secondo
facendo tremare le antenne; il suo viso si è arricciato in una smorfia
e mi ha fatto entrare dentro di sé.
Nel suo bozzolo stretto e angusto.
Dicono che nell’universo non ci sia magia e non ve ne sia mai stata, dicono
che tutto si sia descritto tra le sponde di un grande Nulla e basta. Dicono che
i pianeti siano solo ciottoli sperduti e dimenticati. Ma io penso che la magia
dell’universo sia in se stesso e le leggi che inventiamo siano solo abitudine
a questa magia e, l’abitudine uccide la magia, la perde.
Lo Stellar trasforma le stelle in fili chiari di un arazzo incompleto che non
ha fine; che è inconcepibile e ..magico. A volte i fili diventano sorrisi,
altre spirali. Il reticolo di puntamento inquadra una stella doppia; più
precisamente, la sferula brillante che gli orbita attorno: albedo insolito,
cantilena lo Stellar; che ne capisco io di queste cose!
Sento freddo, stringo le mani alle braccia e cerco di riscaldarmi, invano. Ho
freddo perché non ci sei.
Cosa sei?
Parlavi di dita sussurrate, di attimi che si stupivano di noi e del silenzio insolito
che volevamo nel centro di Tutto.
Respiro: è tutto quello che occorre nel vivere il momento.
Il battito di un cuore perduto nel cercarti, nel trovarti, nel perderti perché
non è abbastanza ciò che voglio da te.
Hai toccato le mie labbra con le dita; una carezza infinitesima che ricerco ad
ogni istante, ad ogni momento. Mi mordo la bocca, la bagno con un velo di saliva
che non resta.
<< Tornerò… - Come sempre, il suono della tua voce mi chiama,
come un ritornello pubblicitario; la tua voce che mi prende, che mi tranquillizza,
che mi porta il cuore su, fino alla gola e lo lascia tramortire. Non ti rendi
conto di ciò che mi fai, non te ne puoi rendere conto, anche se te lo dicessi
e, credimi, vorrei dirtelo, ma ogni volta le parole mi si sono fermate in gola
e si sono addormentate.
<< Sono timida. – Ho sorriso.
Cosa è stato il nostro scorrere?
Quando? Che domanda è; non so se è stata mia o tua, sono egoista
e voglio ogni attimo tuo, ogni centimetro tuo…
Uno scossone mi strappa ai pensieri, lo Stellar, a contatto con l’atmosfera
superiore, sta imbardando di prua e rollando violentemente. Lo scudo esterno ha
iniziato a lampeggiare mentre precipitiamo. Scricchiolii e gemiti lacerano l’aria:
dagli schermi panoramici la sfera brillante si allarga sempre più diventando
orizzonte senza fine.
Acqua, acqua ovunque, il grido disperato dello Stellar, nella sua traiettoria
a spirale, è uno stridio che non riesce a fermarsi.
Morire?
Non mi sembra possibile: il mio cuore è già pieno di te, non c’è
altro posto per sentimenti diversi… Sono debole perché non riesco
a scacciarti, perché so che non mi farai bene, sai?
Veleno. Delicato. Ineluttabile.
L’urto mi ha lanciato in avanti con forza, mentre la schiuma di lattice
mi avvolge; la violenza del colpo mi spacca le labbra dentro.
Ho sentito scivolare una sottile carezza calda sul collo, scendere giù,
fino a bagnarmi di freddo. Non ricordo quanto sono restata immobile dentro la
schiuma. La vertigine mi è arrivata allo stomaco e lo stringe in una morsa
dura.
“ombre leggere come cerchi scivolano dentro il tuo ricordo di ieri...
sono quasi profumi, carezze sulla tua pelle, sono graffi leggeri... ti cerco e
attraverso il vincolo trasparente che ti unisce a me, ago di ghiaccio... sogno
sensuale....
” Che strano, ricordarsi le tue parole adesso, in questa bara tecnobiotica.
Quando mi interessa qualcosa mi resta tutto impresso, in ogni particolare, ogni
istante, ogni sfumatura, sensazione.
Alcuni tubi si sono spezzati e un odore di olio aromatico, impregna ovunque.
Mi sono alzata, forse o forse mi sono trascinata fino a raggiungere la linea luminosa
che segna il confine tra dentro e fuori. Con una spallata, lo Stellar mi ha lasciato
uscire…
Uscire dove?
Fuori
Fuori… ad occhi chiusi, senza chiedersi se c’è pericolo.
Perché? Non lo so. C’è sempre un perché da porre. È
sempre possibile guardare negli occhi qualcuno e dire: perché…?
Con il punto di domanda. Chiedere e chiedere anche quando lo fai.
Le mani tastano il terreno, adagio: sassolini e poi terra leggera. Strisciare,
scivolando dallo Stellar cercando di non stupirsi troppo se l’atmosfera
mi farà spaccare i polmoni, se qualche microrganismo si infila dentro il
centro della mia anima e inizia a divorarla.
Mi hai mangiata dentro, come un veleno che non sapeva di essere letale. Ho
ancora gli occhi chiusi, sento bruciare ovunque e tu mi sei dentro anche nella
distanza…”contiguo en la distantia…” mi sussurravi.
Dio mio, la tua voce, come potevo scioglierti dalla realtà al suono della
tua voce. Dovessi dire chi sei, penserei ad un suono ad una musica che a volte
acquieta, a volte tormenta, prende e mi rivolta come uno straccio bruciato.
Continuo ad arrancare, un passo dietro l’altro, accompagnata dai brividi
e dal rantolio dello Stellar morente.
Un impulso improvviso mi fa contrarre lo stomaco: sento nella bocca come se avessi
migliaia di capelli sottili che si muovono e scorrono dentro. Mi porto le dita
alle labbra in cerca di qualcosa che esiste solo dentro di me, la saliva esplode
mentre boccheggio.
Vomito qualcosa di indefinito, ho mangiato una blatta ieri? Un insetto vivo, con
le zampette che mi graffiavano. Un sibilo di dolore mi ferisce le orecchie; cerco
di aprire gli occhi coperti dai cristalli secchi del mio morire: una luce rossastra
attraversa le pupille sottolineandolo. La linea di ciò che ho espulso,
a contatto con questo terreno è diventata nera e si è indurita,
ricoperta da una crosta spessa. È la terra che sta piangendo, penso.
Viva… sono caduta sulla schiena di una qualche specie vivente, forse un
fungo.
Mi lascio andare distesa, senza forze; sento il rombo del sangue che mi scorre
battendomi le tempie. Fatico a respirare , ogni momento che passa, la pelle, i
muscoli, tutto il corpo diventa come una bambola morta, senza vitalità
e pesantissima. Serve a qualcosa?
Ho sete.
La lingua è una pezza gonfia che raspa il palato, quasi senza accorgermene
mordo il terreno: sassolini e pietrisco si appiccicano alla bocca, stringo i denti
aspettando di trovare resistenza, di sentirli spezzare e invece sono chicchi di
uva acida rivestiti di un guscio tagliente.
Mi parlavi tanto, specialmente quando la tua voce diventava un ricordo:
“Non fermare la primavera...
passerà e il silenzio diventerà estate; come un sussulto tu e i
tuoi anni, intorpidiranno il sorriso se ti dimenticherai che la tua anima è
fatta di eternità...”
Vorrei farti vedere il giardino che si è nutrito delle tue parole, della
tua anima, delle tue azioni… vorrei farti toccare il mio giardino segreto,
sai?
“Lontano da me, in me esisto fuori da chi io sono, l’ombra e il momento
in cui consisto”; frase piegata alla mia bocca per ridere, per stupirmi
della tua luce lontana.
Il liquido frizza sul palato e mi scorre dentro, inconsapevolmente deglutisco.
Forse non morirò troppo presto. Meccanicamente le mie mascelle masticano
riducendo in frantumi, in una poltiglia umida i gusci. Sento il sapore metallico
del sangue: mi hanno ferito il palato. Ingoio…
Il rumore del vento è intenso e mi segue. Mi segue sempre, in ogni luogo,
in ogni mondo; anche nelle cavità schermate della base.
Devo andare laggiù - mi indicasti un puntino luminoso, una costellazione,
aggiungesti – laggiù ci sarà presto un GRB, una esplosione
di raggi gamma.
<< Le stelle sono come le persone, nascono e poi alla fine muoiono.. –
risposi.
<< Questa non è così semplice, è troppo vicina alla
nostra zona, i satelliti dicono che avrà un brillamento superiore a dieci
alla quarantesim…
<< Non mi interessano i numeri. Te ne vai via da me, da noi.
<< C’è la possibilità che il GRB ci investa, sterilizzerà
ogni sistema stellare nel suo cammino, devo andare.
<< Quanto è lontana?
<< Shi1298? Quattromila anni luce da qui.
<< Arriverà da noi tra quattromila anni… è così?
È C O S Ì ?- Urlai.
Continuai ad urlare mentre ti allontanavi; appoggiasti un foglietto sul pavimento:
E…
le parole del mondo, mio dolce amore
tu che hai inciso dentro di me il tuo nome
e
non trovo più il respiro giusto per chiamarlo,
che ho sovrapposto ad infiniti altri volti per sbiadirlo,
che mi parla
e
che mi accarezza nell’eterno...
sai, a volte ti penso, mentre Sherazade piange la sua ultima notte e ti sorrido,
sei parte di me,
sei la mia forza,
vorrei essere la tua...
come è diverso il destino di chi segue la corrente dell’infinito
da chi vuole restare mortale oltre ogni limite…
perché anche nell’umanità c’è il limite che non
ti fa accedere oltre
e
devi necessariamente mutare in altro: giada e tempesta.,
tornerò, sai.
Tornerai ma non sarai più lo stesso, la curvatura del tempo trasforma,
incide, gela. Ma chi sei amore mio? Forse non ti ho mai veduto veramente; mi guardai
nello specchio mentre la mia bocca non trovava respiro per fermarsi e restava
una “i” scolpita, una lama di luce stava attraversando il vuoto della
mia finestra, mostrandomi il profilo di una ruga lontana da me.
Hai fatto caso alla canzone che c’era in sotto fondo?
“ …perché sei la stella splendente del suo giorno
e lui la tua
fino a
piangere
piangere
piangere
per lo stupore
per il fatto che ti sembra impossibile una cosa simile...
abbracciatevi...
sarà più dolce che fare l'amore
più tenero di una carezza di un bambino”
…
Chiudo gli occhi adesso e respiro con forza questa polvere aliena che mi fa
tossire.
Ti parlo come se tu fossi qui, in questo limbo.
Il mio stomaco gorgoglia e sussulta, indeciso se espellere o lasciar passare la
poltiglia che ho mandato giù.
Una pagina di un quaderno mai scritto mi balla davanti, le parole tinte di terra
che ho segnato profondamente in una carta inesistente e dura…
“...tu vivi così bene le parole e io spesso non le so usare,
non le sento, ma le tue parole, certe tue parole
mi sballano i sensi, la percezione, quel sottile equilibrio… come se prendessi
una brocca d’acqua con entrambe le mani
appoggiandoci le labbra
la inclino
e tutta quanta acqua mi entra e non tossisco divento.. come una materia diversa,
viaggio con quella acqua nel naso in quell’acqua e appena mi sento una nuotatrice
tutto si travolge di nuovo e mi sento piccola e trasparente come una bollicina
del colore opposto nel sangue
come l’occhio che si chiude per via di un odore ardente
come il polpastrello che sente una nota sotto la pelle
...
sono terra, tanto terra, adoro la terra unta, scura, appiccicaticcia, pulsante,
parlante, cullante, vera, verissima terra e sentire l’acqua in terra.. qui
inizio a perdere il dono della parola
...
quando prendi forma di talmente innumerevoli forme di vita elementare di quel
sapore inconfondibile e forte diventi o ritorni tutto ossia niente l’assoluto,
il supremo
ma perché essere inquieti, oscuri, frementi, titubanti mentre oscilliamo
fuori e dentro di esso? viverlo..diventarlo..esserlo
..ma quanto adoro terra semplice dolce terra non la perfezione…”
Mi perdo nei frammenti e nella mia condizione di morta rammentante.
Ricordo ciò che non è e nella mia mente nuovi intrecci sinaptici
spianano le asperità di ciò che credevo e ero.
Chiudo gli occhi.
Strano, continuo a vedere come se li avessi aperti…
Mi trascino sul bordo della scogliera fino quasi al filo ultimo e me ne sto ferma,
con le ginocchia ripiegate e la gonna svolazzante… fiori nel nulla di una
stella fatta di mare.
Sento graffiare dietro di me: lo Stellar.
Un insettoide in policarbonato, zampetta faticosamente, con le antenne lunghissime
che vibrano cercando: mi ha trovata; si avvicina.
<< Come stai? – Chiede premurosamente.
<< … - Non gli rispondo.
<< Ho calcolato il tempo di riparazione delle routine interne…
Delle luci iniziano a brillarmi davanti agli occhi, sbatto le palpebre cercando
di allontanarle, inutilmente.
<< Le routine impiegheranno poche ore, con l’equipaggiamento d’emergenza,
solo…
<< Solo…? – Domando assente.
<< Non posso fare nulla per salvaguardare la tua integrità, dovrai
restare qui fino a al mio ritorno.
Il rombo del mio respiro mi fa scivolare in un sacco nero e impermeabile; la bocca
si apre meccanicamente e la voce segue la distanza verso l’insetto, colmandola,
riempiendola di assicurazioni e di assensi:
Certo attenderò il tuo ritorno; no, non farò nulla; sì, le
razioni di cibo sono accanto alla roccia grande; l’igloo sarà montato
in pochi minuti e mi proteggerà per la notte, anche se non c’è
una vera notte qui; il segnalatore, starò vicino ad esso. Puoi andare adesso…
ti aspetterò.
Aspetterò aspetterò aspetterò aspetterò aspetterò
aspetterò aspetterò aspetterò……
Lo Stellar trema e flette le giunture: scapita fremente ed infine, parte:
<< Tornerò. – Grida nel cielo, lasciandomi sospesa qui, su
questa roccia fatta di mare.
Guardavo il sorriso del tuo viso e non riuscivo a leggere altro e invece tu
non eri lì... eri come un muro dove potevo scrivere senza percepire.
sono cieca?sono cosa?
il mondo è immenso
è lungo un sussurro
a volte mi spaventa perché non riesco a vederne la fine
come il tempo
come il cielo che non risponde mai
tremo nel vento e sono goccia che precipita
sono
e
sarò
ma
io
io
dove sono?
rovisto in me
nei miei
cassetti
e trovo un senso che non riesco a comprendere...
Il mare, è una distesa nera che non smette mai di pulsare senza vita: non
vedo pesci muoversi sul fondo e neppure vegetazione; questo scoglio è roccia
di acqua. Sono caduta nella parte desertica di questo pianeta? Una volta, da bambina,
vidi una trasmissione olovisiva; essa diceva che se un alieno fosse sceso nel
Pacifico, avrebbe dedotto erroneamente, che il nostro mondo fosse una liquida
distesa sterile.
Anche le stupidaggini più grandi diventano autorevoli se dette con sufficiente
sicurezza: come può l’oceano essere morto? Che scemenza!
C’è silenzio qui. Le onde non esplodono, accarezzano con violenza
questo scoglio.
Vortici leggeri di acqua e una bruma pesante si condensano in figure scolpite
e lucide, in basso.
Non riesco a muovermi da qui.
I Soli di questo pianeta girano attorno a me facendo degli otto allungati.
Quanti ne ho contati? Tre o quattro, non so, forse cinque.
Ho le gambe che sono colonne di marmellata e le braccia fango.
Faccio fatica a respirare, ma il tremito agli occhi è cessato; quando ho
fame allungo una mano e porto alle labbra un po’ di ghiaia: mi tagliano
la bocca ma mi fanno stare bene, mi tolgono la sete e riempiono lo stomaco.
Sto bene, sono triste ma sto bene, sai?
Sì, sto bene.
Ieri ti ho visto; mi sono accucciata fino quasi a sdraiarmi sull’orlo dello
strapiombo per metterti a fuoco: camminavi giù più in basso, con
i piedi immersi nel mare.
Ho provato a chiamarti…
Mi spiace, non sono riuscita a gridare; è troppo tempo che non parlo e
la voce è incespicata contro il palato, morendoci dentro. Ho aperto e chiuso
la bocca, portandomi le mani alla gola più volte e scuotendo la testa,
quando l’ho fatto, eri sparito.
Non mi hai detto nulla, perché?
Oggi ho parlato tutto il giorno, mi sono detta un sacco di cose, mi sto preparando,
oggi so che tornerai dal mare.
A volte sbircio appena e poi mi ritraggo… so che puoi sentire la mia
insofferenza, so che sai quanto io sia impaziente, so che lascerai la mia anima
macerare fino a che non mi acquieterò e solo allora il mare aprirà
le sue porte per me, per te, per noi.
Arrivi attraverso il suono della tua voce:
<< Il tempo è dentro di noi come un sussurro... noi siamo il sussurro..
noi possiamo intrecciarci, immergendo il viso nella tua carezza… e sarò
ramo e allo stesso tempo frutto; sarò foglia e sarò edera, albero
e filo d’erba. Intessere le radici avvinghiando tutto il mondo e al contempo
il mondo ti cinge: tu, goccia.. il vento sul mare nel silenzio di un cristallo
luminoso, antico e nuovo, facendolo fremere una dolce avvisaglia di una tempesta
cercata, desiderata attesa... la mia voce ti accompagnerà ovunque tu andrai
e sarà la voce del tempo, del suono, del giorno che non finisce…
Mi inebrio nel tuo profumo, chiudo gli occhi mentre mi volto verso di te,
allungando la mano per toccarti.
Mi lascio travolgere dal tuo ritmo; sposto il baricentro più oltre verso
lo strapiombo.
Vorrei raccontarti una fiaba… me lo permetti?
Annuisco.
Sto per piangere.
…ascolto le tue parole, i modi che conosco ormai a memoria, che sono incisi
dentro la mia anima spezzata, stupita.
Il principe dei mille anni è il titolo.
Un giorno nell'infinito di ieri, trovai una pietra fatta di una stella che non
aveva più memoria, che aveva solo stupore e, senza saperne il perché,
la raccolsi; al tatto la pietra si ritraeva e forse piangeva ma non mi fermai,
la tenni dritta sotto il sole...
Vuoto e nostalgia si riversarono tra le pieghe della mia pelle e mi parlarono
di tempi e luoghi sorpresi dalla solitudine, dal vento curioso.
"Ho lasciato ciò che era morto per una ferita di un momento, il Principe
dei Mille Anni mi insegnò come scivolare tra i sogni delle Realtà
adiacenti" mi versò nella mente…
Toccare il cielo in una pietra...come è curioso, che strana sensazione
di inquietudine e sentirne la sua anima pulsare ancora viva e non un ricordo inciso
nelle sue parti di silicio...
Toccarla e toccarti come un sorriso, qui e nell'immensità, dove c'è
la pietra e il suo portale interiore, fatto di infinito che si schiude.
Una sensazione di vertigine mi prese e strinsi senza accorgermene la pietra: lei
si accese di cristallo e mi parlò con voce cantilenante.
<< Sono qui accanto a te e nel cielo che non è più, nel tempo
di ieri e il mio nome è celato a tutti, solo al Principe dei Mille Anni
potrò svelarlo.
Non capii il senso di quel segreto e non mi interessò, in fondo sono solo
un demone rozzo e appena curioso, ma capii che voleva qualcosa, un aiuto
Dentro di me ripensai alle leggendo che avevo sentito sul Principe dei Mille Anni,
ma non mi ricordavo nulla... poi mi tornò in mente che era, questa pietra,
fatta di stelle e piansi la mia essenza su di Lei.
Lacrime dell'infinito bagnarono la pietra e un canto, come un richiamo sgorgò
dal punto di luce che era diventata.
Il cielo si sfrangiò come un fiore di papavero e si fece da parte: una
figura avvolta nel mantello del Tempo avanzò da lì, con un lieve
sorriso sulle labbra, accennato e eterno.
Si avvicinò a me e mi sfiorò il palmo che teneva la pietra:
<< Grazie... mi disse; si era perduta nel Persempre e adesso è salva;
ti faccio dono della pietra, che sia un cristallo di Stella del Giorno Passato,
per quando sarai incerto o perduto...adesso Lei, la sua essenza è libera
e potrà tornare al Cielo a cui appartiene.
Così mi disse il Principe dei Mille Anni prima di andarsene con passo
lento... e questa è la fine della storia per te, mia signora..
Taci, le tue labbra si chiudono in un silenzio sorridente.
Mi guardi, ti guardo.
Muoio dentro.
Ti ascolto sempre e attendo, anche quando so che hai finito, anche quando so che
vorresti le mie parole.
Cos’è il piacere se non un dolore estremamente dolce?- Ti dico,
balbettando una frase di chissà chi, già sentita, già nota.
Non mi rispondi e ti allontani camminando verso un orizzonte di ossidiana.
Vorrei abbracciarti, cerco di raggiungerti, le pietre crollano sotto di me. Frammenti
rimbalzano contro lo strapiombo, anticipando il mio frastuono.
Scivolo.
La roccia diventa ombra e l’ombra un prato bagnato di fiori. Vorticando
verso la trama della mia essenza grido, cerco dove poterti strappare da esso;
onde di un mare alieno, nero e imperscrutabile.
Anacoreta di una dimensione sconosciuta.
Volteggio.
Il tempo rallenta quasi fermandosi.
Mi abbracci.
Corri dentro di me, disegnando la tua magia di parole attraverso un sussurro sensuale
e immenso.
La mia saliva, la tua neve... ( mi dici e il tuo arpeggio è un canto)
Dove il desiderio si ricongiunge al cerchio degli opposti,
nell'amplesso bagnato dal mio seme e dal tuo piacere,
dove le nostre lingue si accarezzano, intonando quartine d'amore,
dove il nulla piange sussurri che non hanno fine e il gelo si colora di fiamma
e
i tuoi gemiti scrivono sulla mia bocca l'arcobaleno dell'infinito,
le mie unghie l'ideogramma del nostro splendido tormento del desiderio di cielo
che siamo:
unica stella nelle mie tenebre eterne… ( nella mia caduta, allargo le
braccia cercando di stenderle a croce; vedo una luce correre verso di me…
lo Stellar?)
Cerco te, nel tuo liquido gelido e mi sento morire perché è così
freddo distante: concentro il mio fuoco.
( Stellar…? Mi salverai? Cosa sto facendo, il mare è sempre più
vicino: non è un mare, non è acqua…è, …è
…ti prego non farmi del male!)
Per scorrere dalla mia bocca che, adesso poggia sulle tue dita e ne segue il contorno,
ne cerca il limite e lo morde, lo riscalda.
Porto le tue mani sul mio petto e, le tue braccia, come una spada, dritte, mi
fermano e il mio viso su di loro e il mio palmo aperto, sulle tue spalle, appoggiato
e, tuttavia sospeso.
( È un animale immenso, un essere senziente, che mi vede! Un occhio
impazzito, un grido di dolore. Aiutami, puoi aiutarmi? Non vuoi divorarmi…
lo Stellar giungerà a salvarmi, mentre tu mi corri incontro, in questo
tempo solidificato, tremendo, diviso tra ciò che sto vivendo e ciò
che sto…sognando? Forse…)
Lentamente divarico le tue braccia e mi faccio strada tra il tuo confine
e il mio, tra il tuo fiore e il mio vento, tra il foglio e l'inchiostro.
(Lasciami andare, ho paura, la tua voce rimbomba dentro di me, sento ogni
cosa che dici, vivo ogni tuo gesto e il mio corpo risponde a te: le mie braccia
di allargano per farti entrare, le mie gambe si tendono, schiudere in un bisogno
che non credevo di avere, una fame antica, perduta, troppo lacerata.)
Con le mani scivolo sulle tue braccia e con le unghie disegno il precipitare.
Con la forza serro i polsi tuoi, con la bocca tocco il collo tuo, premendo dove
la vena pulsa di vita.
Sospiro il mio calore e il mio desiderio.
Con la lingua velo di me la tua pelle...
( Questo oceano che prima era solo un puntino in un reticolo, diventa sempre
più un universo, infinito; ogni mio sguardo si riempie di lui, troppo.
Troppo Oceano…)
Appoggi la tua guancia sulla mia...
come un istante di un brivido di vento,
come un tremare di ali di una libellula,
come un refolo che scoppia improvviso tra le strade del mondo.
( Poche frazioni di nulla mi separano da te, Oceano, quasi il tempo di abbandonarmi,
non posso più dibattermi, non serve più artigliare l’aria
inutile, resta solo il suono della voce dell’uomo; solo la sensazione di
un ritorno da una destinazione sbagliata.
“dove sei stata? ”Mi chiederai quando mi risveglierò.
“Folmalhaut, sul satelloide abbandonato, dove ci suona ancora il vecchio…”
ti sorriderò impacciata.)
Voglio sentire la tua pelle e la tua carezza circondarmi… chiuderti intimamente,
toccarti in un bacio senza labbra ma con le nostre infinite essenze non svelate
che si rincorrono tra le onde di un abbraccio bagnato…
(Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano,
Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oceano, Oce…
…
..
.
Laguna Loires