I fuochi dell’Ira si sono rinvigoriti Dentro il nostro silenzio prendono Anima Molecole di pietà immolate nel nostro Cielo. Niente Nulla Nessuno Cobalto |
“Questa spada, oggi è uno sperone di roccia inchiodato sul terreno. Quando sentiamo di trovare la verità, spesso, come una piuma, questa elude la nostra presa e si allontana leggera, spostata dalla nostra stessa presenza. Da bambino, giocavamo con le penne degli uccelli e, solo chi restava immobile e teneva a freno la propria irruenza, riusciva a catturare quelle più piccole, le più difficili, le più preziose. Una volta un uomo antico, con il volto scavato dalla determinazione, mi disse che le verità sono immense come le montagne e per questo irraggiungibili; ero, io, solo un pensiero appena accennato che faticava a considerarsi una unità e quelle parole mi parvero enormi, troppo grandi per me: le lasciai dormire. Oggi ripenso a loro e sento che non mi appartengono, non sono riuscite a germogliare nella mia anima. Le verità sono leggere come il respiro e impalpabili come un sogno eppure, infinitamente solide, dure, immense se si riesce a penetrarne il senso.
La cotta di maglia che mi doveva proteggere è lacerata in molti punti e il dolore guizza
come una fiamma dentro di me. Respiro.
Respiro ancora e ancora. Non so se il profumo esiste da questa parte del mondo:
troppi odori tremendi mi aggrediscono, assieme alla mia cecità.
Sono cieco.
Cieco.
Ecco, il momento è giunto? Morire, così, solo perché non desidero più combattere.
“Basta”, una parola che accompagna la mia nausea. Basta e poi basta. Cosa c’era
nelle piume che prendevo? Nulla.
È irreale trovare una verità. Noi, siamo irreali.
Il campo di battaglia è una pozza macchiata e sgradevole, un escremento
nell’immacolata tavola degli Dei. Il mio odore è quello di chi mi sta accanto: puzzo di
urina e feci. Sudore e sangue. Ho un brivido continuo che mi scuote le braccia; mi
dico: - “Abbiamo vinto!” Lo ripeto dentro di me, più volte, per esserne sicuro. C’è un
fatto: io non so più chi sono. Scorgo a pochi passi dalla punta della spada il corpo
sventrato di un goblin e un arco di sangue che si conclude sulla mia lama opaca.
Sono stato io? Forse. Forse, in un momento di pietà, gli ho estratto la spada che lo
aveva ferito, in un attimo di tregua attorno a me e, lui, mio fratello di razza, è potuto
svanire, ritornare agli antenati. Le nere frecce che gli spuntano dietro la schiena mi
indicano che probabilmente è andata così.
Sono un abitante delle Terre Oscure? Accanto al mio braccio, il volto contratto di un
fante, le sue mani artigliano il legno di una picca che lo ha tagliato in due, quasi.
Delle gocce di sudore e di paura cristallizzate, imperlano le labbra gelide. Non provo
disgusto o altro verso di lui. Il suo viso è un insieme di intimità e di lontananza. Mi è
noto e tuttavia non lo conosco. Un pensiero mi scivola sorridendo, come una lumaca
sulla pelle, viscido: mi è familiare la sua umanità, è un essere umano; è questo che
capisco in lui. Che percepisco. Ho trovato una verità?
Sì, una: non sono cieco, solo che adesso non voglio più guardare.
Ci siamo ritirati, ecco la verità e questa non è stata una battaglia ma solo una
scaramuccia. Un incontro sfortunato e mortale…”
Una luce colorata si fece largo tra i pensieri del soldato: una creatura vestita di nero
cangiante stava avvicinandosi.
<< Siete ferito.
<< Non conosco la vostra effigie. Siete un demone?
<< Demone? Non so, forse si, credo che potrei anche sembrarlo.
<< La vostra armatura è diversa da quelle che indossano gli uomini e poi non
sembrate armato…
<< Lo sono, purtroppo lo sono. – Indicando il polso.
<< Che arma è?
<< Non lo so, è un Graylon e è una invenzione di un mio amico. Ma è molto
pericolosa.
Per un istante il viso dell’uomo si trasformò nel dolore di un ricordo recente.
<< Cosa avete veduto, un fantasma?
Scosse la testa:
<< Un sentimento, null’altro… e un fiore.
Il soldato fece una smorfia.
<< Un fiore! Certo! – Cercò di rialzarsi senza successo.
<< Siete ferito, aspettate, forse posso aiutarvi, se la vostra biologia è in grado di
assimilare i farmaci di Odine.
Il soldato si scostò con decisione, quando l’altro cercò di toccarlo:
<< Prima una cosa.- Gracchiò, il tremito alle braccia era quasi scomparso.
<< Ditemi.
<< Siete devoto ad Honorius? – In un sussurro.
<< … - L’uomo piegò la testa come per cercare di afferrare il significato della
domanda. – Honorius, non conosco questo nome, a chi appartiene?
<< Shhh. Non bisogna pronunciarlo troppo forte: sapete, lui è ovunque.
<< Una creatura dei boschi?
<< Il Male! – In un singulto.
L’uomo sorrise:
<< Mi chiamo Laguna e non conosco nulla di ciò che dite. Vengo da molto più
lontano, vengo da un posto …diverso.
<< Siete un demone… - Spalancando gli occhi. – Venite per la mia anima?
<< Non so che farmene della vostra anima, vorrei lenire il dolore delle ferite che avete.
Tutto qui.
Le mani del soldato si contrassero nervosamente sull’elsa della spada.
<< Vi chiamate Laguna, siete un demone …e volete aiutarmi. Siete pazzo o il mondo
dell’ Ombra è più complesso di quello che io abbia mai pensato. – Socchiuse gli
occhi e abbassò la testa. – Non riuscirei a combattervi in queste condizioni, mi affido
a voi.
Laguna estrasse una placca cromata e la appoggiò sulla fronte dell’uomo.
Una sottile luminescenza prese a palpitare dalla fronte del soldato e questi sentì
riaffluire le forze.
<< Aiutatemi ad alzarmi, ho una missione da compiere.
<< Sarebbe meglio se aspettaste un po’, non siete nelle condizioni per avventurarvi
qui, se , come mi dite, ci sono i vostri nemici.
Il soldato si mise in piedi dolorosamente, appoggiandosi alla spada.
<< Stavamo cercando un santuario, è in una piccola radura e si riconosce per le
pietre che sono disposte a semicerchio: grandi pietre come i denti di un drago e su di
loro, orizzontali, altre, più lunghe.
<< Mi dispiace, ma non l’ho veduto.
Guardandosi attorno nervosamente, il soldato imprecò:
<< Maledizione, non può essere lontano, anche loro lo stavano cercando, ne sono
sicuro.
<< …
“Laguna, un nome che non ho mai immaginato per un demone, eppure la sua
armatura.. è diversa e anche la magia. Sta cercando di intrappolarmi o di deviarmi
dalla mia missione? Vorrei tanto sapere cosa fare. Sono rimasto solo e la Dea mi sia
testimone se non volevo restarmene all’accampamento! Pochi attimi fa mi dicevo che
era venuto il momento di dire basta a tutto e tuttavia, adesso, adesso sono qui a
cercare di restare fedele agli ordini di un uomo che vuole qualcosa di assurdo e so,
che arriverò fino al termine della mia luce pur di esaudire i suoi desideri. In fondo io
sono un orfano senza di questi: è vero, lui ci comprende, ci intuisce e ci definisce è
questo ciò che si chiama carisma? Un nobile è un condottiero solo se il suo carisma
rapisce chi lo segue, altrimenti è un malvagio che vuole imporre la propria volontà
sopra le altre persone.”
<< Aiutatemi ser Laguna, incamminiamoci da questa parte e spero che il vostro
Graylon possa essere efficace.
<< Lasciatemi prima attivare una cosa.
Laguna disegnò sul terreno un ideogramma e questo si riempì di un liquido ambrato
color miele, denso. Dette un’occhiata in tralice al soldato, osservandone lo
sbigottimento:
<< Non sono un mago, è un Segnalatore, non so come funziona ma devo metterne
altri tre a una certa distanza tra loro e poi fare la triangolazione, per poter partire…
<< Credo che mi parliate di qualcosa che conoscete solo voi, ma non mi interessa.
Andiamo!
Laguna gli toccò una spalla:
<< Una cosa.
<< …
<< Non userò le mie armi per cogliere delle vite. Il bene e il male non esistono e non
credo che aiutarvi a compiere la vostra missione eviterà altre morti.
<< … - Una ferita si allargò sul volto del soldato: un sorriso. – ...Non so neppure io,
con certezza se sono figlio della Luce o delle Tenebre. Mi sento come un miscuglio:
un grigio male impastato con delle striature bianche tagliate da venature nere. In
verità non so se la mia missione potrà portare pace, ma è l’unica cosa che ho, è
come l’asta di quella picca che ha tranciato questo soldato qui accanto: lo vedete
come egli vi si aggrappa ferocemente, come la stringe? Non importa se lo stava
uccidendo, per lui era il senso ultimo della vita. La morte è il sogno a cui ci
abbarbichiamo come ultima sicurezza; terrorizzante e devastante certezza. Umile
signora Morte che si prende cura di tutti noi mortali... Nel bene e nel male.
L’altro annuì:
<< Vi accompagno. – I due si incamminarono.
Il sentiero si biforcava e da una parte scendeva mentre dall’altra saliva per un poco e
poi ritornava verso il bosco.
<< E adesso? – Domandò Laguna.
<< Improvvisiamo, secondo voi dove può vivere un fiore?
<< Alla luce.
<< Molto bene, quindi andiamo verso il bosco!
Laguna Loires corrugò la fronte.
<< Non vi stupite, non vi ho detto che è qualcosa di speciale?
<< Certamente e tuttavia...
<< ...Tuttavia questi non vive tra gli altri fiori, altrimenti si sarebbe già saputo. É un
fiore che ha un destino.
<< Vi è una profezia su questa pianta?
<< Il conte Erik ci disse di cercare la rosa blu del santuario della Luna Silenziosa.
<< Una Rosa Blu, cosa significa una rosa triste? Nulla e se non significa nulla per
me non significa nulla anche per te...
<< Non vi capisco.
<< Perdonatemi, stavo seguendo i miei ricordi e tra questi, legati ad una Rosa Triste,
vi è una melodia; vi piace la musica?
<< Non è che sia un musico, prima dell’attacco di Honorius, ero uno studente,
seguivo i corsi di filosofia eterica, sapete? E quando ascoltavo la musica era sempre
in compagnia di una dolce dama, pronta a concedermi le sue grazie... o quanto meno
a mostrarmele mentre bevevo un boccale di sidro in compagnia dei miei amici.
<< ...
<< Sì, per la Dea! Sì effettivamente c’è una musica che una dama mi costrinse ad
imparare e tutto per scoprire se era veramente bionda come asseriva!
<< Ne valse la pena?
Il soldato si grattò una guancia:
<< Che differenza c’era tra lei e quella prima? Solo la novità, dopo un po’ era noiosa
quanto le altre. Però, quella musica me la ricordo ancora. – Schioccando le
labbra.
Laguna sorrise:
<< Allora cantatemela...
<< Eh, no. Era un pezzo strumentale, volete sapere il titolo?
<< Dite.
<< ... Come era? Ah, sì: Jeux interdits.
<< Giochi proibiti... è francese.
<< ...
<< Curiosamente, conosco una musica che ha lo stesso titolo.
<< Anche tra i demoni c’è una musica in quel modo?
<< Sembrerebbe! – Scherzando.
Un rumore improvviso ammutolì i due.
“Sono loro, sono vicini, era il suono di un metallo che tocca un altro… cosa farà
questo demone, mi tradirà?”
Laguna mosse la mano per attirare l’attenzione dell’uomo e indicò un punto vicino,
nascosto da ampi cespugli; l’altro annuì e vi si trascinarono silenziosamente.
<< Ogre e goblin! – Sussurrò stizzito.
<< ... Sono sei, noi siamo in due.
<< Sono troppi anche per voi, Laguna.
<< Ma io non ho assolutamente intenzione di combattere.
<< Cosa volete fare?
<< Attenderò che se ne siano andati.
<< Laguna! Non capite che stano cercando la rosa?
<< Rosa... cosa ci sarà mai dietro una rosa triste che invoca il cielo notturno?
<< C’è la profezia...
Laguna scosse le spalle, lo fissò negli occhi:
<< Le profezie sono dentro gli uomini, non esistono. Siamo noi che le imponiamo al
fato e lui ci segue. Non dite che è una profezia...
<< Fate come volete, io cercherò di arrivare prima di loro.
<< Sapete dove stanno andando?
Un tremito fugace gli contraeva le labbra:
<< ...No.
Laguna fece un profondo sospiro mentre stringeva le palpebre con forza, un velo di
lacrime si fermò sul ciglio.
<< Vi accompagnerò e il cielo vi perdoni per quello che accadrà. – Poi, mettendosi
mani sopra la nuca. – E soprattutto perdoni me...
Dal polso sinistro un sinistro ronzio luminoso si attivò ticchettando mentre un alone
scintillante si riversò, circondandolo, su Laguna.
Alzandosi di scatto uscirono correndo allo scoperto.
<< Fate strada, vi coprirò le spalle, impegnerò i vostri nemici. – Gridò al soldato.
L’uomo si precipitò in avanti senza ascoltare nulla e senza vedere nulla, seguendo il
sentiero e basta.
“Correre, correre e ancora correre, con il metallo che batte contro le ferite
riaprendole, con la spada sguainata che dilania le dita. Devo correre e devo... devo
prendere il fiore ”
Il sentiero si restrinse e iniziò a serpeggiare, radici lunghe e sottili si protendevano
verso di esso, ricoperte da muschio color vinaccia e grandi felci rugginose
oscillavano nervose. I piedi dell’uomo incespicavano frenate da quegli impedimenti o
si ritrovavano su di un soffice manto di erica argentato che pareva spingerlo,
elasticamente, più in avanti. Scricchiolii di creature antiche e insetti affamati
ronzavano su di lui; per un istante gli parve di scorgere vicino ad un ramo pensile
l’occhio dorato di un mistico naga. Ad ogni passo gli sembrava di perdere una parte
di sé, della sua vita, ogni ricordo e ogni sensazione:
“Veli su veli che fino ad ora mi hanno sempre oppresso la mente costringendomi
a strisciare, si lacerano, svaniscono. i miei capelli radi, non ci sono più e, cosa
successe sotto le mura di quella città: come si chiamava? Non voglio dimenticare!
Ero uno studente, conoscevo il nome delle stelle, delle sfere incastonate contro il
mignolo della Dea, dilla Madre. Madre cosa mi stai facendo? vieni in mio soccorso…
La mia città aveva un nome, era come il sottile suono di un’arpa e adesso è muto,
vuoto simbolo. Conoscevo il reggente e al mio ritorno avrei visto la figlioletta appena
nata Valia. Valia? Che strano pronunciare questa parola proprio adesso che il mio
respiro si fa più frequente, è faticoso. Non so più respirare, mi manca l’aria. Non ho
un naso per assorbirla né polmoni. Ti prego, Signora del Cielo proteggimi da questo!
Lasciai la mia città per amore della conoscenza, credevo di aver imbevuto la mia
anima di parole e di riti, di formule e di sensi. Comprendevo, Comprendevo il
significato del suono di una foglia, il motivo recondito di questo rovo che adesso si è
impigliato nelle mie ferite e affonda, strappando, mordendomi. Adesso non so nulla.
Nulla. Ho ancora un nome? Mi sembra di volteggiare sopra di me e restare al
contempo legata alla mia carne. Quattro sono gli elementi che compongono la
materia, uniti per mezzo delle pietre infinitesimali imprigionano la mente e la
bloccano nel mondo. Era questo il senso delle cose che studiavo… la sapienza
eterica. Il segreto ultimo della vita! Mi sto frantumando come un vecchio castello di
rena essiccata dal vento del destino. Sto ancora camminando e non vedo più nulla di
nuovo… sono tornato cieco? Devo vedere, devo vedere, perché ho una… devo fare
qualcosa. Laggiù, una luce, è quella la direzione… Devo correre e devo... devo
prendere il fiore. Solo questo e che il mio respiro diventi un sibilo bagnato di terra
sporca! ”
La Luce divenne cielo e poi orizzonte e quindi paesaggio, il soldato sentiva negli
occhi una oppressione fastidiosa, un colore violetto tingeva ogni cosa.
Si fermò. Infine si fermò e attese. Attese la lama ricurva sibilante, attese l’artiglio
incrostato, attese la zanna digrignante. Attese.
Sottili intrecci si avvolsero, sviluppandosi contro i suoi polmoni, tendendoli, si
attorcigliarono nello sterno e si ramificarono, arrossandosi negli arti: il cuore aveva
ripreso forze e stava cominciando a donargli vitalità.
<< Benvenuto.
Una voce incorporea, leggermente nasale, lo salutò.
<<… - Cercando di capire chi lo stava salutando.
<< Continua il sentiero e dietro quel dosso ci potrai vedere.
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Laguna si alzò e raccolse la rosa blu:
<< Rosa Triste, essenza di ieri...
<< Me voi, ditemi come avete fatto con i nemici? – Domandò il soldato.
<< ... Loro? – Sorridendo. – Non mi hanno attaccato, vi guardavano correre e si sono
messi a lanciare qualche freccia contro di voi solo per farvi correre più velocemente.
“Il segno sta incontrando il suo destino” questa frase mi hanno detto e se ne sono
andati.
Il soldato prese il fiore dalla mano di Laguna e la frappose tra sè e il cielo.
<< Avevo una figlia lontano da qui, Dania. Vorrei tanto regalargliela.
<< Se il vostro desiderio è nobile, forse la vostra Dea vi accontenterà.
Scosse la testa:
<< Questo fiore è sacro e la divinità gelosa.
<< La rosa o le sue figlie, non resteranno, si spargeranno per questa terra.
Il soldato annuì.
<< Che la Dea vi protegga Laguna Loires, devo andare.
<< Che la vostra anima resti pura... come vi chiamate?
<< ... Che importanza ha un nome per una creatura come voi? – Sorridendo. – So che
una parte di me resterà nel vostro cuore e tanto basta.
<< ...
Si salutarono alzando un braccio.
Emozioni intense vibrarono tra loro.
Una goccia di cinabro le racchiuse e svanì per tornare al Nulla.