Blue rose

I fuochi dell’Ira si sono rinvigoriti
Dentro il nostro silenzio prendono Anima
Molecole di pietà immolate nel nostro Cielo.
Niente Nulla Nessuno Cobalto

Ai margini di una radura, appoggiato al tronco maculato di un albero, un uomo, un soldato.

“Questa spada, oggi è uno sperone di roccia inchiodato sul terreno. Quando sentiamo di trovare la verità, spesso, come una piuma, questa elude la nostra presa e si allontana leggera, spostata dalla nostra stessa presenza. Da bambino, giocavamo con le penne degli uccelli e, solo chi restava immobile e teneva a freno la propria irruenza, riusciva a catturare quelle più piccole, le più difficili, le più preziose. Una volta un uomo antico, con il volto scavato dalla determinazione, mi disse che le verità sono immense come le montagne e per questo irraggiungibili; ero, io, solo un pensiero appena accennato che faticava a considerarsi una unità e quelle parole mi parvero enormi, troppo grandi per me: le lasciai dormire. Oggi ripenso a loro e sento che non mi appartengono, non sono riuscite a germogliare nella mia anima. Le verità sono leggere come il respiro e impalpabili come un sogno eppure, infinitamente solide, dure, immense se si riesce a penetrarne il senso.

La cotta di maglia che mi doveva proteggere è lacerata in molti punti e il dolore guizza come una fiamma dentro di me. Respiro.
Respiro ancora e ancora. Non so se il profumo esiste da questa parte del mondo: troppi odori tremendi mi aggrediscono, assieme alla mia cecità.
Sono cieco. Cieco.
Ecco, il momento è giunto? Morire, così, solo perché non desidero più combattere. “Basta”, una parola che accompagna la mia nausea. Basta e poi basta. Cosa c’era nelle piume che prendevo? Nulla.
È irreale trovare una verità. Noi, siamo irreali.
Il campo di battaglia è una pozza macchiata e sgradevole, un escremento nell’immacolata tavola degli Dei. Il mio odore è quello di chi mi sta accanto: puzzo di urina e feci. Sudore e sangue. Ho un brivido continuo che mi scuote le braccia; mi dico: - “Abbiamo vinto!” Lo ripeto dentro di me, più volte, per esserne sicuro. C’è un fatto: io non so più chi sono. Scorgo a pochi passi dalla punta della spada il corpo sventrato di un goblin e un arco di sangue che si conclude sulla mia lama opaca. Sono stato io? Forse. Forse, in un momento di pietà, gli ho estratto la spada che lo aveva ferito, in un attimo di tregua attorno a me e, lui, mio fratello di razza, è potuto svanire, ritornare agli antenati. Le nere frecce che gli spuntano dietro la schiena mi indicano che probabilmente è andata così.
Sono un abitante delle Terre Oscure? Accanto al mio braccio, il volto contratto di un fante, le sue mani artigliano il legno di una picca che lo ha tagliato in due, quasi. Delle gocce di sudore e di paura cristallizzate, imperlano le labbra gelide. Non provo disgusto o altro verso di lui. Il suo viso è un insieme di intimità e di lontananza. Mi è noto e tuttavia non lo conosco. Un pensiero mi scivola sorridendo, come una lumaca sulla pelle, viscido: mi è familiare la sua umanità, è un essere umano; è questo che capisco in lui. Che percepisco. Ho trovato una verità?
Sì, una: non sono cieco, solo che adesso non voglio più guardare.
Ci siamo ritirati, ecco la verità e questa non è stata una battaglia ma solo una scaramuccia. Un incontro sfortunato e mortale…”

Una luce colorata si fece largo tra i pensieri del soldato: una creatura vestita di nero cangiante stava avvicinandosi.
<< Siete ferito.
<< Non conosco la vostra effigie. Siete un demone?
<< Demone? Non so, forse si, credo che potrei anche sembrarlo.
<< La vostra armatura è diversa da quelle che indossano gli uomini e poi non sembrate armato…
<< Lo sono, purtroppo lo sono. – Indicando il polso.
<< Che arma è?
<< Non lo so, è un Graylon e è una invenzione di un mio amico. Ma è molto pericolosa.
Per un istante il viso dell’uomo si trasformò nel dolore di un ricordo recente.
<< Cosa avete veduto, un fantasma?
Scosse la testa:
<< Un sentimento, null’altro… e un fiore.
Il soldato fece una smorfia.
<< Un fiore! Certo! – Cercò di rialzarsi senza successo.
<< Siete ferito, aspettate, forse posso aiutarvi, se la vostra biologia è in grado di assimilare i farmaci di Odine.
Il soldato si scostò con decisione, quando l’altro cercò di toccarlo:
<< Prima una cosa.- Gracchiò, il tremito alle braccia era quasi scomparso.
<< Ditemi.
<< Siete devoto ad Honorius? – In un sussurro.
<< … - L’uomo piegò la testa come per cercare di afferrare il significato della domanda. – Honorius, non conosco questo nome, a chi appartiene?
<< Shhh. Non bisogna pronunciarlo troppo forte: sapete, lui è ovunque.
<< Una creatura dei boschi?
<< Il Male! – In un singulto.
L’uomo sorrise:
<< Mi chiamo Laguna e non conosco nulla di ciò che dite. Vengo da molto più lontano, vengo da un posto …diverso.
<< Siete un demone… - Spalancando gli occhi. – Venite per la mia anima?
<< Non so che farmene della vostra anima, vorrei lenire il dolore delle ferite che avete. Tutto qui.
Le mani del soldato si contrassero nervosamente sull’elsa della spada.
<< Vi chiamate Laguna, siete un demone …e volete aiutarmi. Siete pazzo o il mondo dell’ Ombra è più complesso di quello che io abbia mai pensato. – Socchiuse gli occhi e abbassò la testa. – Non riuscirei a combattervi in queste condizioni, mi affido a voi.
Laguna estrasse una placca cromata e la appoggiò sulla fronte dell’uomo.
Una sottile luminescenza prese a palpitare dalla fronte del soldato e questi sentì riaffluire le forze.
<< Aiutatemi ad alzarmi, ho una missione da compiere.
<< Sarebbe meglio se aspettaste un po’, non siete nelle condizioni per avventurarvi qui, se , come mi dite, ci sono i vostri nemici.
Il soldato si mise in piedi dolorosamente, appoggiandosi alla spada. << Stavamo cercando un santuario, è in una piccola radura e si riconosce per le pietre che sono disposte a semicerchio: grandi pietre come i denti di un drago e su di loro, orizzontali, altre, più lunghe.
<< Mi dispiace, ma non l’ho veduto.
Guardandosi attorno nervosamente, il soldato imprecò:
<< Maledizione, non può essere lontano, anche loro lo stavano cercando, ne sono sicuro.
<< …
“Laguna, un nome che non ho mai immaginato per un demone, eppure la sua armatura.. è diversa e anche la magia. Sta cercando di intrappolarmi o di deviarmi dalla mia missione? Vorrei tanto sapere cosa fare. Sono rimasto solo e la Dea mi sia testimone se non volevo restarmene all’accampamento! Pochi attimi fa mi dicevo che era venuto il momento di dire basta a tutto e tuttavia, adesso, adesso sono qui a cercare di restare fedele agli ordini di un uomo che vuole qualcosa di assurdo e so, che arriverò fino al termine della mia luce pur di esaudire i suoi desideri. In fondo io sono un orfano senza di questi: è vero, lui ci comprende, ci intuisce e ci definisce è questo ciò che si chiama carisma? Un nobile è un condottiero solo se il suo carisma rapisce chi lo segue, altrimenti è un malvagio che vuole imporre la propria volontà sopra le altre persone.”
<< Aiutatemi ser Laguna, incamminiamoci da questa parte e spero che il vostro Graylon possa essere efficace. << Lasciatemi prima attivare una cosa.
Laguna disegnò sul terreno un ideogramma e questo si riempì di un liquido ambrato color miele, denso. Dette un’occhiata in tralice al soldato, osservandone lo sbigottimento:
<< Non sono un mago, è un Segnalatore, non so come funziona ma devo metterne altri tre a una certa distanza tra loro e poi fare la triangolazione, per poter partire…
<< Credo che mi parliate di qualcosa che conoscete solo voi, ma non mi interessa. Andiamo!
Laguna gli toccò una spalla: << Una cosa.
<< …
<< Non userò le mie armi per cogliere delle vite. Il bene e il male non esistono e non credo che aiutarvi a compiere la vostra missione eviterà altre morti.
<< … - Una ferita si allargò sul volto del soldato: un sorriso. – ...Non so neppure io, con certezza se sono figlio della Luce o delle Tenebre. Mi sento come un miscuglio: un grigio male impastato con delle striature bianche tagliate da venature nere. In verità non so se la mia missione potrà portare pace, ma è l’unica cosa che ho, è come l’asta di quella picca che ha tranciato questo soldato qui accanto: lo vedete come egli vi si aggrappa ferocemente, come la stringe? Non importa se lo stava uccidendo, per lui era il senso ultimo della vita. La morte è il sogno a cui ci abbarbichiamo come ultima sicurezza; terrorizzante e devastante certezza. Umile signora Morte che si prende cura di tutti noi mortali... Nel bene e nel male.
L’altro annuì:
<< Vi accompagno. – I due si incamminarono.
Il sentiero si biforcava e da una parte scendeva mentre dall’altra saliva per un poco e poi ritornava verso il bosco.
<< E adesso? – Domandò Laguna.
<< Improvvisiamo, secondo voi dove può vivere un fiore?
<< Alla luce.
<< Molto bene, quindi andiamo verso il bosco!
Laguna Loires corrugò la fronte.
<< Non vi stupite, non vi ho detto che è qualcosa di speciale?
<< Certamente e tuttavia...
<< ...Tuttavia questi non vive tra gli altri fiori, altrimenti si sarebbe già saputo. É un fiore che ha un destino.
<< Vi è una profezia su questa pianta?
<< Il conte Erik ci disse di cercare la rosa blu del santuario della Luna Silenziosa.
<< Una Rosa Blu, cosa significa una rosa triste? Nulla e se non significa nulla per me non significa nulla anche per te...
<< Non vi capisco.
<< Perdonatemi, stavo seguendo i miei ricordi e tra questi, legati ad una Rosa Triste, vi è una melodia; vi piace la musica?
<< Non è che sia un musico, prima dell’attacco di Honorius, ero uno studente, seguivo i corsi di filosofia eterica, sapete? E quando ascoltavo la musica era sempre in compagnia di una dolce dama, pronta a concedermi le sue grazie... o quanto meno a mostrarmele mentre bevevo un boccale di sidro in compagnia dei miei amici.
<< ...
<< Sì, per la Dea! Sì effettivamente c’è una musica che una dama mi costrinse ad imparare e tutto per scoprire se era veramente bionda come asseriva!
<< Ne valse la pena?
Il soldato si grattò una guancia:
<< Che differenza c’era tra lei e quella prima? Solo la novità, dopo un po’ era noiosa quanto le altre. Però, quella musica me la ricordo ancora. – Schioccando le labbra.
Laguna sorrise:
<< Allora cantatemela...
<< Eh, no. Era un pezzo strumentale, volete sapere il titolo?
<< Dite.
<< ... Come era? Ah, sì: Jeux interdits.
<< Giochi proibiti... è francese.
<< ...
<< Curiosamente, conosco una musica che ha lo stesso titolo.
<< Anche tra i demoni c’è una musica in quel modo?
<< Sembrerebbe! – Scherzando.
Un rumore improvviso ammutolì i due.
“Sono loro, sono vicini, era il suono di un metallo che tocca un altro… cosa farà questo demone, mi tradirà?”
Laguna mosse la mano per attirare l’attenzione dell’uomo e indicò un punto vicino, nascosto da ampi cespugli; l’altro annuì e vi si trascinarono silenziosamente.
<< Ogre e goblin! – Sussurrò stizzito.
<< ... Sono sei, noi siamo in due.
<< Sono troppi anche per voi, Laguna.
<< Ma io non ho assolutamente intenzione di combattere.
<< Cosa volete fare?
<< Attenderò che se ne siano andati.
<< Laguna! Non capite che stano cercando la rosa?
<< Rosa... cosa ci sarà mai dietro una rosa triste che invoca il cielo notturno?
<< C’è la profezia...
Laguna scosse le spalle, lo fissò negli occhi:
<< Le profezie sono dentro gli uomini, non esistono. Siamo noi che le imponiamo al fato e lui ci segue. Non dite che è una profezia...
<< Fate come volete, io cercherò di arrivare prima di loro.
<< Sapete dove stanno andando?
Un tremito fugace gli contraeva le labbra:
<< ...No.
Laguna fece un profondo sospiro mentre stringeva le palpebre con forza, un velo di lacrime si fermò sul ciglio.
<< Vi accompagnerò e il cielo vi perdoni per quello che accadrà. – Poi, mettendosi mani sopra la nuca. – E soprattutto perdoni me...
Dal polso sinistro un sinistro ronzio luminoso si attivò ticchettando mentre un alone scintillante si riversò, circondandolo, su Laguna.
Alzandosi di scatto uscirono correndo allo scoperto.
<< Fate strada, vi coprirò le spalle, impegnerò i vostri nemici. – Gridò al soldato.
L’uomo si precipitò in avanti senza ascoltare nulla e senza vedere nulla, seguendo il sentiero e basta.
“Correre, correre e ancora correre, con il metallo che batte contro le ferite riaprendole, con la spada sguainata che dilania le dita. Devo correre e devo... devo prendere il fiore ” Il sentiero si restrinse e iniziò a serpeggiare, radici lunghe e sottili si protendevano verso di esso, ricoperte da muschio color vinaccia e grandi felci rugginose oscillavano nervose. I piedi dell’uomo incespicavano frenate da quegli impedimenti o si ritrovavano su di un soffice manto di erica argentato che pareva spingerlo, elasticamente, più in avanti. Scricchiolii di creature antiche e insetti affamati ronzavano su di lui; per un istante gli parve di scorgere vicino ad un ramo pensile l’occhio dorato di un mistico naga. Ad ogni passo gli sembrava di perdere una parte di sé, della sua vita, ogni ricordo e ogni sensazione:
“Veli su veli che fino ad ora mi hanno sempre oppresso la mente costringendomi a strisciare, si lacerano, svaniscono. i miei capelli radi, non ci sono più e, cosa successe sotto le mura di quella città: come si chiamava? Non voglio dimenticare! Ero uno studente, conoscevo il nome delle stelle, delle sfere incastonate contro il mignolo della Dea, dilla Madre. Madre cosa mi stai facendo? vieni in mio soccorso… La mia città aveva un nome, era come il sottile suono di un’arpa e adesso è muto, vuoto simbolo. Conoscevo il reggente e al mio ritorno avrei visto la figlioletta appena nata Valia. Valia? Che strano pronunciare questa parola proprio adesso che il mio respiro si fa più frequente, è faticoso. Non so più respirare, mi manca l’aria. Non ho un naso per assorbirla né polmoni. Ti prego, Signora del Cielo proteggimi da questo! Lasciai la mia città per amore della conoscenza, credevo di aver imbevuto la mia anima di parole e di riti, di formule e di sensi. Comprendevo, Comprendevo il significato del suono di una foglia, il motivo recondito di questo rovo che adesso si è impigliato nelle mie ferite e affonda, strappando, mordendomi. Adesso non so nulla. Nulla. Ho ancora un nome? Mi sembra di volteggiare sopra di me e restare al contempo legata alla mia carne. Quattro sono gli elementi che compongono la materia, uniti per mezzo delle pietre infinitesimali imprigionano la mente e la bloccano nel mondo. Era questo il senso delle cose che studiavo… la sapienza eterica. Il segreto ultimo della vita! Mi sto frantumando come un vecchio castello di rena essiccata dal vento del destino. Sto ancora camminando e non vedo più nulla di nuovo… sono tornato cieco? Devo vedere, devo vedere, perché ho una… devo fare qualcosa. Laggiù, una luce, è quella la direzione… Devo correre e devo... devo prendere il fiore. Solo questo e che il mio respiro diventi un sibilo bagnato di terra sporca! ”
La Luce divenne cielo e poi orizzonte e quindi paesaggio, il soldato sentiva negli occhi una oppressione fastidiosa, un colore violetto tingeva ogni cosa.
Si fermò. Infine si fermò e attese. Attese la lama ricurva sibilante, attese l’artiglio incrostato, attese la zanna digrignante. Attese.
Sottili intrecci si avvolsero, sviluppandosi contro i suoi polmoni, tendendoli, si attorcigliarono nello sterno e si ramificarono, arrossandosi negli arti: il cuore aveva ripreso forze e stava cominciando a donargli vitalità.
<< Benvenuto.
Una voce incorporea, leggermente nasale, lo salutò.
<<… - Cercando di capire chi lo stava salutando.
<< Continua il sentiero e dietro quel dosso ci potrai vedere.

***
***
***

Laguna stava masticando un sottile filo di erba e canticchiava una canzone sottovoce.
<< Sono tornato… ! – In un soffio.
Il soldato si muoveva pesantemente, quasi gli pesasse spostarsi e deambulare, ricordava un condannato a morte e negli occhi:
<< Cosa vi è capitato, sembrate aver visto il più terribile dei demoni e anche oltre… - Domandò Laguna.
Si fermò e stirò il collo, so passò una mano sul viso e prese a stropicciarsi gli occhi, fino a farli lacrimare:
<< Credo di aver veduto il paradiso o quanto più simile io riesca ad immaginarmi.
Mentre parlava gli cadde dalla mano un arbusto.
<< La Rosa Triste! – Esclamò l’altro. – Allora ci siete riuscito.
Il soldato guardò in basso, stupito:
<< Non ho sognato, è accaduto veramente…
Cosa vi posso raccontare?
Non so neppure se se adesso sono vivo, sono veramente una creatura umana? Il sangue alieno mi ha contaminato e sono un involucro un guscio che finge di essere senziente e invece vive passivamente e non lo sa. Credo di agire per il Bene e opero il Male assoluto. Tenterò di ricordare…

È difficile, fa male!

Benvenuto, dicevano così: benvenuto ed erano altissimi, con la fronte prominente e il naso piccolo, schiacciato alcuni, camuso altri. – Straniero – Avevano la pelle color vinaccia e sorridevano, sorridevano sempre.
- La, ...la Rosa. – Balbettavo, - sono venuto per la Rosa. - E loro: - C’è una sola Rosa qui. – indicandomi un arbusto al centro di un semicerchio di ardesia, sospeso a poche spanne dal terreno. – Erica, erica ovunque. – Mi mostrarono il fiore: una rosa azzurra senza spine. – Le spine. – Chiedevo affannosamente. – Le spine, dove sono le spine? – Uno di quelli si avvicinò e sussurrandomi vicinissimo, potevo sentire il suo alito umido e speziato: - Questa rosa non ha spine.
Perché? Perché? Perché?
Ella è il Centro dell’universo, il respiro del cosmo. – Sei venuto qui per conoscere la Verità? – Non ci sono verità ,- annaspavo dentro di me. - … - Annuii. Sentivo la mia pelle intirizzirsi e subito dopo dilatarsi, afflosciarsi, mentre parlavano, erano bisturi cobalto che si spuntavano contro la pietra umida della mente. Quando il tempo era ancora un concetto imprigionato in un angolo scuro delle Corti del Caos, emersero, quasi per necessità, i giganti.. – Cosa sono i giganti? – Lo domandai, capite domandai perché la mia anima aveva bisogno di risposte. Ogni attimo della mia esistenza rimbombava delle parole, delle risposte. Chiedere , cercavo maestri ovunque, sogni che poi svanivano e lasciavano l’amaro in bocca: nulla che non fosse già in me e nulla che non fosse abbastanza lontano per essere appena appena inarrivabile. In principio le Verità si concentrarono su loro stesse, si raggrumarono e condensarono nell’arkè della loro essenza. Perfette e non oltre perfettibili, si allontanarono le une dalle altre perché non sopportavano altre verità accanto a loro, infatti c’è una unica verità, le altre sono corollari. Così dicono spesso le Parole divine. Alcune di queste, tuttavia non erano complete e si accoppiarono: gli opposti. A volte di chiamarono Bene e Male oppure Caos e Ordine. – Cosa erano queste parole? Pazzia sicuramente, menzogne. – In quei Luoghi nacque come la conoscete,l’esistenza, con le fasi di gioia e di dolore. – Anche qui è lo stesso, vero? Tossii.- Voi siete come me! Siete Vivi; io combatto il male come la Dea che è Luce. – Vivete una dualità, come potete sperare di sfuggire all’opposto? La nostra Verità non ha opposto. Noi non siamo vivi, siamo noi stessi divinità. Ella si è definita dopo le altre e ha potuto notare l’accordo dominante delle verità sue sorelle: Dolore. Si è spaventata e invece di creare ha atteso, come un seme ritorto in se stesso. Senza altra soluzione decise di donarsi e non restare in disparte, separata da ciò che stava generando. Noi siamo lei ed Ella è noi. Il suo cuore, il nucleo pulsante è la Rosa. – Io sono devoto al Bene... – Forse sorrisero, la malizia era dentro le loro anime, ma non avevano anima: erano essi stessi divinità. – Ricordati straniero che chi vince decide dove è il confine tra bene e male. Noi crediamo che in questo momento la tua Luce abbia vinto, parzialmente e che se lei fosse Male, tu non potresti capirlo. Honorius una creatura del bene? Follia! Scossi la testa come per scacciare un insetto insistente, un sospetto che mi aveva invaso la pelle dell’anima e adesso stava lasciandovi le sue uova in attesa di schiudersi. Honorius. – Ma anche voi vivete nella vita e nella morte, anche voi mangiate! – Replicai. – Quello che vedi, è solo nella tua mente, noi esistiamo da sempre e tutto è in armonia, anche se, sappiamo che dal Caos un giorno giungerà qualcuno che ci distruggerà. È un prezzo che la nostra Dea ha scelto per vivere. L’esistenza vale la moneta della non- esistenza. La Rosa, datemi la Rosa e me ne andrò. – La sua Divinità finirà nel momento in cui abbandonerai questo luogo sacro. Desideri un fiore? Cercalo tra i giardini del tuo mondo. Se tu la prendessi Ella diverrà un piccolo e povero fiore impaurito. – Voglio la vostra rosa, devo compiere una profezia. – La tua volontà è di distruggerci... sei come il coltello che scalfisce anche se non lo vorrebbe. Ti sei chiesto quale scopo? Quale fine? Avevano ragione? Chi mi ha chiesto la rosa? Honorius o la Dea? Forse entrambi e perchè? Mi girava la testa, impugnai la spada: - Adesso prenderò la rosa blu e non provate a fermarmi. – Non risposero, solo di chiusero attorno al fiore impedendomi il passaggio; sorridevano. Cercai di scansarli, li spintonai, li colpii, invano. La disperazione stava urlando dal profondo baratro in cui ero caduto. Ondate di dolore si accanirono su di me facendomi sobblazare e la causa di quel riverbero ero io stesso. Loro, fermi, sorridevano tristemente in attesa. Non avrebbero reagito, lo sapevo. Gridai e gridai ancora, finchè alzai la lama e colpii. La dea mi protegga, colpii. – adesso piango come allora e non so neppure il senso di quello che stavo facendo: ero veramente un semplice strumento? La spada affondò diperata in un canto assurdo e quando la ritrassi, il corpo davanti a me crollò. Gocce di sangue si sparsero ovunque, rami intricati di un labirinto inutile, il suo sangue era dorato, bellissimo. Cadde nel terreno, si raggrinzì, divenne carbone. Un suono che era dolore tremò ovunque: alcune gocce avevano toccato il fiore, lo raggiunsi e lo afferrai. Sentivo una sensazione calda scivolarmi dalla mano: sanguinavo. Le spine mi avevano ferito e si erano conficcate in profondità. Sapeva che l’avrei uccisa e come quel soldato si stava aggrappando a ciò che lo stava distruggendo come se fosse il senso ultimo della sua Vita divina. Ero la picca, il taglio ineluttabile. Tirai con forza, impaurito e scappai. Corsi lontano, incurante di ciò che stava accadendo attorno. Morire è meglio di far morire, a volte...

Laguna si alzò e raccolse la rosa blu:
<< Rosa Triste, essenza di ieri...
<< Me voi, ditemi come avete fatto con i nemici? – Domandò il soldato.
<< ... Loro? – Sorridendo. – Non mi hanno attaccato, vi guardavano correre e si sono messi a lanciare qualche freccia contro di voi solo per farvi correre più velocemente. “Il segno sta incontrando il suo destino” questa frase mi hanno detto e se ne sono andati.
Il soldato prese il fiore dalla mano di Laguna e la frappose tra sè e il cielo.
<< Avevo una figlia lontano da qui, Dania. Vorrei tanto regalargliela.
<< Se il vostro desiderio è nobile, forse la vostra Dea vi accontenterà.
Scosse la testa:
<< Questo fiore è sacro e la divinità gelosa.
<< La rosa o le sue figlie, non resteranno, si spargeranno per questa terra.
Il soldato annuì.
<< Che la Dea vi protegga Laguna Loires, devo andare.
<< Che la vostra anima resti pura... come vi chiamate?
<< ... Che importanza ha un nome per una creatura come voi? – Sorridendo. – So che una parte di me resterà nel vostro cuore e tanto basta.
<< ...
Si salutarono alzando un braccio.
Emozioni intense vibrarono tra loro.
Una goccia di cinabro le racchiuse e svanì per tornare al Nulla.